«Bombe italiane da Cagliari a Riyadh»
Controllarmi L'iniziativa della Rete italiana per il disarmo
Controllarmi L'iniziativa della Rete italiana per il disarmo
Un esposto in diverse Procure per chiedere un’indagine sulle spedizioni di bombe aeree dall’Italia all’Arabia Saudita. Questa l’iniziativa della Rete Italiana per il Disarmo, illustrata ieri durante una conferenza stampa alla Camera – dal titolo «Controllarmi» – e presentata in Procura da Alfio Nicotra, Lisa Pelletti Clark, Massimo Valpiana, Giorgio Beretta, Maurizio Simoncelli e Francesco Vignarca. L’articolo 1 della legge 185/90 – ha spiegato ieri Vignarca, coordinatore della Rete – vieta l’esportazione di armi verso paesi in stato di conflitto armato e che violino i diritti umani. Invece, partono dalla Sardegna «continue spedizioni con tonnellate di bombe aeree dirette in Arabia Saudita»: 5 dal 2015 a oggi. Bombe che servono a rifornire le Royal Saudi Air Force che «dallo scorso marzo bombardano lo Yemen senza alcun mandato da parte delle Nazioni unite, esacerbando un conflitto che ha provocato quasi 6.000 morti, la metà dei quali vittime civili e sta determinando la maggior crisi umanitaria in tutto il Medioriente».
Le spiegazioni fornite dal governo, sono state tardive e ambigue, «al punto da farmi rimpiangere i governi Andreotti – ha detto Giuseppe Civati, presente in sala, e ha proposto che ogni parlamentare pubblichi gli allarmanti dati del traffico di armi e il testo dell’esposto. «Il Parlamento non è più la sede politica adatta per chi tiene alla pace e al rispetto delle norme», ha rincarato Giulio Marcon, criticando la risposta del governo secondo cui la vendita di armi viene «decisa caso per caso»: perché occorrerebbe comunque una decisione del Consiglio dei ministri e il voto delle Camere. Riccardo Noury, di Amnesty International, ha ricordato le violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita.
Giorgio Beretta ha denunciato le complicità del governo Renzi «per le nuove autorizzazioni alle esportazioni rilasciate (almeno 5 monitorate, via aerea e via mare), ma anche per il mancato controllo per gli invii di materiali militari decisi in precedenza, com’è espresso compito dell’esecutivo».
Il senatore 5S Roberto Cotti e il deputato di Unidos, Mauro Pili hanno raccontato come «un carico di migliaia di bombe» sia partito in tutta segretezza ancora due settimane fa dall’aeroporto di Cagliari con destinazione la base dell’aeronautiva militare saudita di Taif, non lontano dalla Mecca. Dall’ottore scorso, due spedizioni sono partite via aereo cargo, altre due dai porti di Olbia e Cagliari. Secondo il ministero della Difesa – ha detto Pili – si tratterebbe di materiale in transito: «Bombe in vacanza – ha ironizzato, attratte dalla bellezza del paesaggio». Bombe prodotte dalla Rwm Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall con sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Iglesias), in Sardegna. Per questo, l’esposto della Rete italiana è stato depositato, oltre che alla Procura di Roma, anche a quella di Brescia. Cotti ha chiamato in causa anche le responsabilità del governo della regione Sardegna.
Significativa la considerazione finale di Beretta: «Le bombe – ha affermato – vengono costruite in una regione come la Sardegna dove le fabbriche chiudono e agli operai non resta che quel tipo di produzione. E vengono gettate in un’altra parte del mondo altrettanto povera, per i profitti di un paese ricco, attraverso l’impresa tedesca»
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