Bomba contro Hamdallah e tra Fatah e Hamas è di nuovo gelo
Gaza Il premier dell'Anp è sfuggito ad un attentato poco dopo essere entrato nella Striscia. Abu Mazen e Fatah puntano il dito contro Hamas che nega ogni coinvolgimento. La riconciliazione interna palestinese è sempre più lontana.
Gaza Il premier dell'Anp è sfuggito ad un attentato poco dopo essere entrato nella Striscia. Abu Mazen e Fatah puntano il dito contro Hamas che nega ogni coinvolgimento. La riconciliazione interna palestinese è sempre più lontana.
È stato un attentato contro il premier Hamdallah o contro il capo dell’intelligence Majd Faraj indicato da più parti come il successore del presidente Abu Mazen? Oppure si tratta di un’operazione del Mossad israeliano per mettere i palestinesi gli uni contro gli altri? E ancora, è stato il movimento islamico Hamas, o alcune delle sue correnti più radicali, ad organizzare l’attacco per lanciare un avvertimento ai rivali di Fatah? O forse è stata solo una “masrahiyah”, una messinscena, come sospettano i simpatizzanti di Hamas? Queste e altre ipotesi circolano a Gaza dopo l’esplosione che ieri mattina ha colpito il convoglio in cui viaggiava il premier dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Rami Hamdallah poco dopo che gli autoveicoli erano entrati nella Striscia attraverso il valico di Erez. Il primo ministro è rimasto illeso, così come Majid Faraj, ma altre sette persone, cinque passanti e due guardie del corpo, sono rimaste ferite.
L’ordigno era stato nascosto sotto un palo elettrico sulla strada che collega Erez al capoluogo Gaza city. «Dopo l’esplosione – ha riferito un testimone – non si vedeva nulla perché il fumo e la polvere riempivano l’aria. Quindi ho sentito colpi di arma da fuoco. Quando il fumo si è diradato ho visto persone correre in tutte le direzioni». La tv pubblica palestinese ha mostrato le immagini girate da passanti con i telefoni in cui si vede il convoglio che procede a velocità sostenuta e l’ordigno che scoppia quando ormai sono transitati quasi tutti gli autoveicoli. L’esplosione comunque è stata potente. Due veicoli sono stati gravemente danneggiati, ad altri quattro sono andati in frantumi i finestrini. Con ogni probabilità gli attentatori, che avrebbero usato un comando a distanza, non volevano uccidere Hamdallah (o Faraj). Piuttosto hanno voluto creare caos e minare le fragili basi del processo di riconciliazione.
Cominciata alla fine della scorsa estate e proseguita all’inizio di novembre con il passaggio da Hamas all’Anp del controllo dei valichi con Israele ed Egitto, la riconciliazione palestinese si è impantanata. Fatah e Hamas negli ultimi mesi si sono scambiati pesanti accuse facendo temere un fallimento. «Di sicuro chi ha compiuto questo attacco ha voluto infliggere un colpo devastante alla riconciliazione proprio quando si stanno facendo nuovi tentativi di rilanciarla (i mediatori egiziani fanno la spola tra Ramallah e Gaza, ndr) e di trovare una soluzione per la questione del controllo di sicurezza a Gaza che divide le due parti», spiegava ieri al manifesto Khalil Shahin, vice direttore del Centro palestinese per i diritti umani.
E gli attentatori sembrano aver già ottenuto in parte il loro obiettivo. Se Hamdallah poco dopo la detonazione è comparso in televisione mentre partecipava all’inaugurazione di una struttura per il trattamento delle acque reflue per dichiarare che «C’è un grande complotto contro noi tutti. Ciò che è accaduto oggi rafforza la nostra determinazione a ottenere la riconciliazione, tornerò nella Striscia di Gaza», invece il presidente dell’Anp Abu Mazen e il suo partito Fatah hanno parlato di un «codardo attacco terrorista» e hanno puntato il dito contro Hamas che controlla Gaza e non ha garantito una protezione adeguata al primo ministro dell’Anp. Secondo un dirigente di Fatah, Munir al Jaghoub «Gli sviluppi hanno dimostrato che Hamas ha fallito nel fornire sicurezza a Gaza e una vita dignitosa alla nostra gente nella Striscia». Da parte sua Hamas ha condannato con forza l’attacco, negando di esserne responsabile. Ha annunciato che è stata avviata un’indagine e che nella caccia all’uomo diversi sospetti sono già stati arrestati. Più di tutto ha puntato il dito contro la «stessa mano» (Israele) che un anno fa ha ucciso Mazen Faqha, comandante del suo braccio armato, e che a ottobre ha tentato di assassinare Tawfiq Abu Naim, capo delle sue forze di sicurezza.
Sullo sfondo di questo nuovo mistero palestinese c’è la grave situazione umanitaria di Gaza, devastata negli ultimi dieci anni da tre offensive militari israeliane e prigioniera del blocco attuato da Israele e Egitto ufficialmente per colpire Hamas ma che ha soltanto reso un inferno la vita di oltre due milioni di palestinesi.
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