È passato da Bologna per commemorare la morte di Francesco Lorusso, studente di Lotta Continua ucciso 40 anni fa da un carabiniere, e si è ritrovato indagato per istigazione a delinquere. Oreste Scalzone, ex leader extraparlamentare e ora cantore dell’insurrezione del 77, non è persona che passa inosservata. E così sabato 11 marzo, al ricordo di Lorusso e tra militanti di ieri e di oggi, megafono in una mano e bastone per sostenersi nell’altra, ha tenuto un comizio in cui ha difeso l’importanza «non della vendetta per un compagno perduto ma della lotta, che a volte comincia dall’autodifesa e anche con le armi», e poi crea «liberazione, nuove forme di vita, di relazioni, di azione».

Ad attirare l’attenzione della Procura di Bologna è stata però una frase riportata sulla stampa locale: «Se la polizia attacca è necessario difendersi anche con le bottiglie». Scattate le verifiche della Digos, è stato aperto un fascicolo. Scalzone è tornato così in un attimo il «cattivo maestro» di sempre: allievi del momento gli universitari e gli attivisti dei collettivi che hanno guidato la protesta dei tornelli, e che quando la celere ha sgomberato una biblioteca occupata hanno eretto barricate e lanciato bottiglie.

Per rispondere ai pm Scalzone ha scelto la sua fisarmonica. Si è presentato col suo avvocato a poche decine di metri dalla Procura, ha salutato i cronisti, ha tenuto il suo solito lungo monologo e si è messo a cantare e a suonare Addio Lugano Bella. Predicando «la pace tra gli oppressi e la guerra agli oppressor». Ma Scalzone la Procura l’ha anche ringraziata: «Mi ha fatto l’onore di ritenermi ancora una volta un sovversivo». «Se fossi stato a Napoli sarei andato appresso a quelli che voi chiamate scapestrati» e che si sono rivoltati contro Salvini. «Vi chiederete che senso ha, a cosa possa servire. Ma immaginatevi un mondo senza nemmeno questo».

Insomma l’ex del 77 ha mostrato quel che è, quel che pensa e che dice da decenni, e anzi a modo suo ha dato ai magistrati bolognesi materiale per passare i prossimi giorni, volendo, ad aprire fascicoli su fascicoli. Predicendo anche che prima o poi se non si porrà un freno «alla demenza che arriva dall’alto» qualcuno «introdurrà nuove forme di reato come il ferimento di tornello o di manette». E allora «resistere a questo mi sembra importante. Resistere a volte come si può», perché «non ho il tabù dell’uso di quello che capita, dal sampietrino in su».
Si vedrà se ci saranno ulteriori sviluppi della vicenda.

Per intanto i militanti del Collettivo universitario autonomo sono stati recentemente raggiunti da richieste di arresti domiciliari per le proteste contro il caro mensa (respinte dal gip che ha bocciato anche l’ipotesi di tentata estorsione). Oppure hanno letto sui giornali delle valutazione in corso in Procura sull’eventuale contestazione del reato di associazione a delinquere per una serie di episodi (proteste, cortei, tafferugli con le forze dell’ordine).