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Bollino rosso a pranzo

Alimentazione Secondo Coldiretti, una risoluzione Onu per etichettare i «cibi insalubri» in base al contenuto di sali e zuccheri potrebbe dare un duro colpo alla dieta mediterranea

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 dicembre 2018

Avvisi di pericolo sulle confezioni e tasse per dissuadere il consumo: le misure utilizzate contro prodotti nocivi come sigarette e alcool, in base a una decisione dell’Onu, potrebbero essere applicate ad alimenti quali olio, parmigiano reggiano e prosciutto di Parma?

E’ scattato in questi giorni, e per la seconda volta, l’allarme sul made in Italy: ad innescarlo è il ritorno sugli scranni dell’Assemblea delle Nazioni Unite di una risoluzione preparata dai sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) della «Foreign Policy and Global Health» – FPGH – una commissione internazionale sulla salute, che «esorta gli stati membri a adottare politiche fiscali e regolatorie che dissuadano dal consumo di cibi insalubri». L’iniziativa aveva già subito uno stop lo scorso 27 settembre, quando nel corso del Terzo Forum di alto livello delle Nazioni Uniti sulle malattie non trasmissibili è stato approvato un documento che, anche grazie al pressing esercitato dall’Italia, non menzionava strumenti dissuasivi su prodotti alimentari e bevande.

A riguardo sono invece ancora in corso una serie di negoziati per cercare di trovare una posizione comune entro oggi, data dell’ultima convocazione dell’anno per la seconda commissione Onu. Dall’andamento delle trattative dipenderà la possibilità o meno che la risoluzione venga presentata all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Ma cosa sta succedendo? Perché proprio i prodotti d’eccellenza italiani sembrerebbero essere sotto attacco?
Attualmente ci troviamo nel Decennio di Azione delle Nazioni Unite sulla Nutrizione. La cosiddetta «Decade della Nutrizione» è stata proclamata dall’ONU dal 2016 al 2025 in risposta ai dati sempre più allarmanti relativi agli effetti nel mondo della malnutrizione. La malnutrizione in tutte le sue forme aumenta il rischio di patologie non trasmissibili come diabete, cancro, malattie cardiovascolari.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le diete inadeguate sono responsabili di più di 10 milioni di morti all’anno per malattie non trasmissibili oltre che di decine di milioni di bambini obesi o affetti da rachitismo. Fra le strade da seguire, quella della riduzione di sale, grassi saturi, zuccheri e alcool. In questo senso si inserisce il lavoro della FPGH che interviene dal 2008 all’Onu con risoluzioni annuali sulle politiche sanitarie e che per il 2018 ha proposto un focus sulla nutrizione.
Nei documenti in discussione all’ONU non circolano espressamente i prodotti italiani ma potrebbero rientrare nel recinto dei «cattivi» per composizione e proprietà nutritive. Il prosciutto per il troppo sale, l’olio d’oliva e il parmigiano per i grassi e i prodotti dolciari per i troppi zuccheri potrebbero ritrovarsi etichettati come non salutari e sottoposti a un regime fiscale penalizzante. Stessa sorte potrebbe toccare al vino, ai formaggi tipici e ai dolci.

La Coldiretti è nuovamente in prima fila a difendere quelli che non solo sono prodotti di eccellenza del nostro paese ma anche componenti fondamentali di una dieta, quella Mediterranea, che l’OMS stessa ha riconosciuto come la migliore e che nel 2010 è stata dichiarata «Patrimonio Immateriale» dell’Umanità dall’Unesco.
L’associazione ha stimato che la risoluzione proposta dalla FPGH colpirebbe più di un prodotto agroalimentare made in Italy esportato su tre, con effetti gravissimi sull’economia del Paese ma anche sulla salute dei cittadini.

Le qualità dei prodotti mediterranei sono rinomate sin dall’antichità e ampiamente dimostrate dal mondo scientifico. La Dieta Mediterranea ha consentito agli italiani di conquistare, con ben il 7% della popolazione, il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa davanti a Grecia e Spagna, ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 anni per gli uomini e a 85 per le donne.  L’etichettatura a semaforo (bollini neri, rossi, verdi a seconda della salubrità del prodotto) sperimentata in alcuni paesi Europei come Regno Unito e in Francia , oltre che in paesi d’oltreoceano come il Cile , può dare indicazioni fuorvianti ed ha già paradossalmente penalizzato molti prodotti Dop e Igp della Dieta Mediterranea, come l’olio extravergine, ma non le bibite gassate «light», povere di zuccheri ma ricche di dolcificanti artificiali come l’ aspartame. Nel caso inglese viene indicata la presenza di nutrienti critici come grassi, sali e zuccheri, ma non la quantità effettivamente presente.

La Coldiretti riferisce di non mettere in dubbio i dati diffusi dall’OMS e la necessità di intervenire sulle politiche alimentari, ma non ritiene sia questa la strada da seguire. Al consumatore, sottolinea il responsabile economico Lorenzo Bazzano, bisogna fornire un’informazione più chiara e dettagliata, cosa che le etichette non fanno. E’ necessario educare a un’alimentazione di qualità che non dipende da un prodotto specifico ma da un consumo equilibrato dei prodotti. Inoltre non tutti gli alimenti vengono consumati nella stessa quantità; l’olio fornisce un esempio classico: essendo non un alimento ma un condimento, non può essere giudicato come buono o cattivo sulla base della sua quantità relativa di grassi che ovviamente è elevata. I prodotti della Dieta Mediterranea sono anche la manifestazione della comunità di origine: attenzionarli con etichette shock al posto di prodotti industriali con il loro contenuto di coloranti e conservanti non solo è dannoso per la salute dei cittadini, ma massifica la cultura e distrugge le tradizioni.

In seguito alla discussione negoziale le intenzioni originarie della FPGH potrebbero subire un ridimensionamento anche profondo, ma al momento per i nostri prodotti il rischio ancora esiste. Se la risoluzione venisse approvata così com’è, anche se questo non significa nell’immediato una nuova normativa, rimane il fatto che un’indicazione dell’ONU resta un’importante fonte di indirizzo per le scelte degli Stati che potrebbero promuovere un modello alimentare del tutto discutibile.

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