«Boicottare per l’Amazzonia»
Intervista La ricercatrice brasiliana Erika Berenguer: La ricercatrice brasiliana Erika Berenguer: il Brasile non rispetta i diritti ambientali, è possibile boicottarlo
Intervista La ricercatrice brasiliana Erika Berenguer: La ricercatrice brasiliana Erika Berenguer: il Brasile non rispetta i diritti ambientali, è possibile boicottarlo
l’Università di Oxford; da 12 anni lavora nella foresta amazzonica ed in particolare sugli impatti degli incendi sulla biodiversità e sulle riserve di carbonio, in relazione ai cambiamenti climatici.
Quello degli incendi in Amazzonia non è un problema nuovo, ma cosa c’è di diverso in quello che sta succedendo ora?
E’ molto importante capire che la foresta amazzonica non brucia naturalmente. E’ una foresta pluviale, umida, quindi non contempla un regime naturale del fuoco che si può verificare in altri habitat, come ad esempio la macchia mediterranea o le foreste della costa californiana. Quindi per forza un incendio nella foresta amazzonica inizia per mano dell’uomo. E come? Normalmente, quando una foresta viene bruciata a scopi di deforestazione, prima le piante vengono tagliate e fatte cadere, poi lasciate a seccare per un periodo che va da qualche settimana a qualche mese; cosi, una volta asciutte, è possibile appiccare il fuoco e le ceneri prodotte serviranno da concime per il terreno, che verrà messo a coltivazione o a pascolo. Questo è già successo in Amazzonia, specialmente nei primi anni 2000 quando il tasso di deforestazione era molto alto e il numero di incendi molto elevato. In seguito a politiche ambientali mirate a frenare la deforestazione realizzate negli anni successivi, anche il numero degli incendi è diminuito. E nel 2019 abbiamo assistito a un nuovo picco di deforestazione che si sta accompagnando a un aumento degli incendi.
Oltre a questa coincidenza di tempi, quali altri elementi mettono in correlazione la deforestazione con gli incendi?
L’elevato tasso di deforestazione rilevato dai satelliti del sistema spaziale nazionale coincide con le grandi e altissime colonne di fumo, tipiche di quando brucia una grande quantità di biomassa vegetale, rilevate dai satelliti della NASA e le concentrazioni atmosferiche di monossido di carbonio, un gas secondario prodotto dalla combustione. Questi fattori mostrano che gli incendi sono collegati alla deforestazione.
Quali sono gli impatti a breve e a lungo e termine di incendi di questa intensità?
Le foreste inglobano carbonio: le piante attraverso la fotosintesi lo sottraggono all’atmosfera, dove si trova principalmente come anidride carbonica ( CO2) e lo accumulano nelle foglie, nei rami, nei tronchi. L’Amazzonia, come il permafrost, è un’enorme riserva di carbonio organico che quando brucia torna all’atmosfera sotto forma di carbonio inorganico. Quindi l’effetto immediato del taglio e della decomposizione degli alberi in Amazzonia è l’aumento delle emissioni di CO2 del Brasile e questo ovviamente accelera i cambiamenti climatici. L’intera foresta amazzonica è in grado di immagazzinare l’equivalente di 100 anni di emissioni di CO2 degli Stati Uniti, quindi bruciare la foresta amazzonica significa rimettere moltissima CO2 nell’atmosfera. Ci sono poi degli effetti più a lungo termine la cui portata non è del tutto prevedibile. Mi riferisco a quando il fuoco può sfuggire dalle zone in deforestazione e raggiungere la foresta integrale. Quando tu tagli illegalmente una parte di foresta, una parte di essa rimane «scoperta»: non si crea una linea di protezione dal fuoco, che così può sfuggire. Inoltre per la foresta Amazzonica il fuoco è qualcosa di nuovo, non si è co-evoluta con esso, il fuoco rappresenta una nuova pressione per questo ecosistema, per cui quando il fuoco entra nella foresta amazzonica il tasso di perdita delle piante è elevatissimo, gli alberi non hanno nessun tipo di protezione, come quelli della savana per esempio. Quindi quello a cui assistiamo è una perdita enorme di biodiversità: in una porzione di Amazzonia delle dimensioni di un campo da calcio ci sono più di 300 specie di alberi: questa biodiversità enorme può essere ridotta al 9% da un incendio. E al momento ancora non sappiamo la quantità di foresta che abbiamo perso in questo modo.
Quali sono le possibilità e i tempi di rigenerazione della foresta amazzonica?
Sono necessarie centinaia di anni. Gli studi hanno dimostrato che una foresta bruciata dopo 30 anni immagazzina una quantità di carbonio del 25% inferiore a quella di una foresta che non è stata bruciata. E’ un ecosistema complesso che ha tempi lunghissimi di recupero.
Le politiche ambientali del presidente Bolsonaro sono responsabili?
Sicuramente una relazione c’è. Durante la campagna elettorale Bolsonaro ha dichiarato che avrebbe cancellato il Ministero dell’Ambiente perché era inutile. E da quando è al potere sta portando avanti lo smantellamento delle politiche ambientali: ha tagliato budget e ridotto personale; le operazioni contro la deforestazione hanno raggiunto il minimo storico. Ha gettato discredito su organizzazioni come l’INPE ( l’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale) e l’Amazon Found. Non ho dubbi che l’aumento di deforestazione e incendi siano il frutto di questi dieci mesi di governo.
Chi concretamente appicca il fuoco? E tali azioni sono giustificabili con le esigenze economiche di una parte del paese?
Non siamo ancora in grado di capire chi sta dietro questi tassi di deforestazione galoppanti, anche perché non abbiamo ancora potuto incrociare dati come il luogo dove avvengono gli incendi e i relativi titoli di proprietà, sarà possibile farlo il prossimo anno. Comunque quello che sappiamo è che, per esempio, un centinaio di proprietari terrieri della zona amazzonica ha indetto il 10 agosto il Giorno del fuoco durante il quale hanno incendiato porzioni di foresta appena tagliata, abbiamo anche appreso dai social media che altri gruppi si sono organizzati per farlo; non possiamo ancora incolpare nessuno, ma nemmeno possiamo assumere quella dello sviluppo economico come una giustificazione. Negli ultimi 50 anni il Brasile ha cercato di portare sviluppo in Amazzonia utilizzando un modello agricolo basato sul taglio della foresta e sulla coltivazione, ciononostante i livelli di sviluppo dell’Amazzonia sono bassissimi. Ciò spiega che in quel tipo di regione quel modello di sviluppo, basato sul taglio della foresta, non funziona. Quando tagli la foresta amazzonica, incidi sul regime di precipitazioni di tutto il Sud America, avere meno pioggia sulle nostre coltivazioni significa tirarsi la zappa sui piedi.
Quale risposta a una tale catastrofe?
I 20 milioni di euro offerti dai paesi del G7 possono essere utili a spegnere gli incendi, ma non vanno al cuore del problema. Quello di cui abbiamo bisogno nel 2020 è applicare misure di contrasto alla deforestazione: questo può essere fatto attraverso degli accordi internazionali che colpiscono il Brasile, non importando prodotti che provengono da aree deforestate, specialmente manzo: il Brasile è il più grande produttore di manzo nel mondo. Come si agisce boicottando e ponendo dazi per sanzionare i paesi che non rispettano i diritti umani, lo stesso andrebbe fatto con un paese che non rispetta i diritti dell’ambiente. Lo possono fare i paesi europei e i paesi del mondo. Come società civile abbiamo lo spazio dei social media per diffondere informazioni per evitare i prodotti che derivano dalle deforestazioni: chiediamoci da dove viene il manzo che mangiamo, o con cosa è stato alimentato il pollo che stiamo acquistando: forse con soia proveniente dall’Amazzonia. Una cosa che in particolare possono fare i cittadini europei è chiedere che il Mercosur, l’accordo di commercio dell’unione europea, si adoperi per implementare delle direttive contro la deforestazione. Anche da queste azioni dipende la sopravvivenza dell’Amazzonia.
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