Bobby Sands, la lotta è anche poesia estrema
Scaffale Nel volume, a cura di Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni, «Scritti dal carcere» (edizioni da Paginauno) sono raccolti testi in prosa e in versi pubblicati originariamente a Cork nel 1998
Scaffale Nel volume, a cura di Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni, «Scritti dal carcere» (edizioni da Paginauno) sono raccolti testi in prosa e in versi pubblicati originariamente a Cork nel 1998
Tre libri pubblicati negli anni con le traduzioni italiane dei testi scritti da Bobby Sands presentano tre diversi approcci non solo all’opera dell’attivista dell’Ira morto in carcere a Belfast il 5 maggio 1981 dopo uno sciopero della fame di sessantasei giorni, ma anche tre diversi reazioni alla complessa e tragica situazione del Nord Irlanda.
Il primo, Fino alla vittoria. Scritti e poesie dell’Irlanda in lotta, è un volumetto pubblicato da Savelli lo stesso anno della morte di Sands ( a cura di Carlo Simonetti) che riporta, oltre ad alcuni testi scritti in carcere dallo stesso Sands, anche una serie di foto del curatore, dei canti dell’Ira e delle note storiche
IL SECONDO è Un giorno della mia vita, raccoglie tre testi di Bobby Sands, è stato pubblicato da Feltrinelli nel 1996 e curato da Silvia Calamati, una delle maggiori conoscitrici del conflitto nord-irlandese e autrice di diversi altri volumi su e intorno a Bobby Sands.
Il terzo, il più recente, curato da Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni, traduce una vasta scelta dei testi in prosa e poesia di Bobby Sands, pubblicati originariamente a Cork nel 1998 (Scritti dal carcere, Paginauno, pp,270, euro 18).
IL LIBRO della Savelli, pubblicato subito dopo la morte di Sands, è un testo apertamente schierato e militante. La rabbia e il dolore avevano portato in primo piano, anche per chi non le conosceva, la politica violenta e repressiva del governo inglese e la tragedia di un conflitto che si conosceva solo attraverso il filtro fuorviante della stampa: un conflitto politico e sociale e non (solo) religioso come veniva spesso presentato. Il volume curato da Silvia Calamati, apertamente schierato come il precedente, esce invece in un momento di riflusso del conflitto, in cui in Irlanda era in atto un processo di revisione che, se da una parte era necessario per indicare le derive del nazionalismo nordirlandese e per metterne in luce alcuni lati politicamente ambigui, dall’altra tendeva di nuovo ad appiattire il movimento repubblicano sulle posizioni fuorvianti della propaganda inglese.
NEL 1996 il perdurare del conflitto, con la ripresa delle attività dell’Ira dopo un paio di anni di cessate il fuoco e di negoziati che non avevano portato a molto, aveva generato una sensazione di impotenza, come se fosse ormai impossibile trovare una qualsiasi soluzione alla tragedia in corso. Anche nella Repubblica, dove era appena iniziato il boom economico della Celtic Tiger, la rimozione del conflitto era all’ordine del giorno.
L’ultimo volume, infine, unisce vari aspetti della questione, ponendoli in una prospettiva che la distanza dagli eventi ci costringe ad assumere ma non anestetizza la forza dirompente di questi scritti, permettendoci al tempo stesso di considerarne l’aspetto estetico oltre a quello politico.
Quest’ultimo è perfettamente evidente nei testi raccolti così come nell’introduzione di Michelucci, che segnala due questioni rilevanti che potrebbero sfuggire a chi non conosce bene la situazione in Nord Irlanda : per prima cosa, il ruolo decisivo che la vicenda di Sands ebbe nella trasformazione di Sinn Féin da movimento minoritario e semiclandestino a partito di massa, in grado di portare avanti il processo di pacificazione del paese con compromessi dolorosi ma necessari. In secondo luogo, l’appoggio paradossale (e per nulla apprezzato) dell’estrema destra italiana al movimento repubblicano irlandese, frutto di un fraintendimento radicale del suo spirito anti-imperialista e socialista, oltre che di una visione limitata che identifica l’intero movimento con un cieco spirito reazionario, nostalgico di un’Irlanda astorica, che è invece proprio solo di una minima frazione di esso
IL VOLUME PIÙ RECENTE ci pone di fronte a un’altra questione non da poco. Leggendo questi testi viene quasi naturale leggerli come testimonianza di un’esperienza estrema, tanto è forte la passione politica che li ha prodotti e atroci le condizioni in cui vennero scritti. Una loro fruizione estetica passa necessariamente in secondo piano di fronte a una lettura che non può lasciare indifferenti.
Può trattarsi di testi bellissimi o bruttissimi, la nostra reazione non cambia. E invece una lettura del genere fa loro torto: parte della forza di questi scritti sta proprio nel loro valore poetico, nella scelta di esprimere la lotta, la rabbia e le storie dei repubblicani in parole in prosa e in versi in cui le metafore assumono una gravità che le fa diventare pesanti realtà: quando Sands scrive «dall’oscurità della mia tomba solitaria», queste parole non sono logore similitudini ma diventano descrizioni oggettive di una realtà insostenibile.
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