Bobby Fischer, scacchi matti
Il museo A Selfoss è sorto il Bobby Fischer Center, un piccolo museo ricco di foto, pubblicazioni, manifesti, scacchiere, oggetti che ripercorrono i giorni del «match del secolo», come fu definito lo scontro Fischer-Spassky
Il museo A Selfoss è sorto il Bobby Fischer Center, un piccolo museo ricco di foto, pubblicazioni, manifesti, scacchiere, oggetti che ripercorrono i giorni del «match del secolo», come fu definito lo scontro Fischer-Spassky
A una sessantina di km da Reykjavik sorge Selfoss, quasi 7000 abitanti. Qui è sepolto Bobby Fischer (Chicago, 9 marzo 1943 – Reykjavik, 17 gennaio 2008). È stato il primo e finora unico statunitense a vincere un campionato mondiale di scacchi, dopo 35 anni dominati dai grandi maestri sovietici, Alechin, Botvinnik, Smyslov, Tal, Petrosian e infine Boris Spassky, sconfitto nel 1972 a Raykjavik in una sfida giocata nel clima politico della guerra fredda.
A Selfoss è sorto il Bobby Fischer Center, un piccolo museo ricco di foto, pubblicazioni, manifesti, scacchiere, oggetti che ripercorrono i giorni del «match del secolo», come fu definito lo scontro Fischer-Spassky. Fa gli onori di casa Aldis Sigfusdottir: «Questo centro è stato aperto 10 anni fa, credo sia l’unico centro di questo genere nel mondo, non esistono molti musei di scacchi, credo ce ne sia uno a Mosca, uno ad Amsterdam dedicato al grande scacchista Max Euwe e uno a Saint Louis negli Stati Uniti. Questo centro non esisterebbe se Bobby Fischer non fosse sepolto a 2 km da qui, è morto il 17 gennaio 2008. All’inizio qualcuno propose di trasformare la chiesa di quel piccolo cimitero in un museo dedicato a Fischer, ma in quel cimitero c’è sepolta altra gente, quindi l’idea fu scartata e prese vita questo centro grazie a una organizzazione no profit.
Durante il periodo del covid il Centro è stato chiuso, l’estate scorsa abbiamo avuto circa 3000 visitatori. Io sono nell’Executiv Group del Centro, siamo in tre. Per visitare il centro bisogna telefonare e rispondo io, sono la custode, la receptionist. Qui c’è anche un club degli scacchi e una scuola di scacchi, in genere con 25 alunni alla volta».
Quella sfida aprì l’Islanda al mondo… «Nel 1972 l’Islanda era un piccolo paese, ora siamo circa 350 mila, prima circa la metà. Si offrirono di ospitare il torneo 15 nazioni, le offerte economicamente più alte vennero dall’Argentina, dalla Jugoslavia e da Reykjavik. Il regolamento dice che gli sfidanti hanno il diritto di scegliere il paese dove giocare, Spasski scelse l’Islanda, Fisher la Jugoslavia, dove aveva conoscenze nella locale comunità scacchistica. La Federazione Internazionale degli Scacchi disse allora facciamo i primi incontri in Jugoslavia e gli altri in Islanda, ma la proposta era inaccettabile, non si poteva sapere quante partite si sarebbero svolte, e alla fine si decise per l’Islanda. Fischer arrivò il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza Usa, non penso sia una coincidenza, ma tornato negli Usa, nonostante le sue dichiarazioni, non giocò più per 20 anni, quando in Jugoslavia si reincontrò con Spassky».
In quell’occasione Fischer sputò su un documento degli Stati Uniti che gli proibiva di giocare in Jugoslavia, nazione soggetta a sanzioni economiche. Battuto facilmente Spassky, inseguito da un mandato di cattura, non tornò più negli Usa e si mosse tra Ungheria, Filippine e Giappone. Arrestato in Giappone evitò di essere estradato negli Usa grazie al passaporto concessogli dall’Islanda. Il passaporto lo ottenne per la mobilitazione di un piccolo gruppo di cittadini di Reykjavik…
«Non era mai accaduto nella storia d’Islanda. Il parlamento approvò la proposta del ministro degli esteri di dare la cittadinanza a Fischer in 12 minuti. Gli Usa chiesero l’estradizione ma il ministro degli esteri islandese replicò: non diamo l’estradizione per i nostri cittadini. Gli Usa allora fecero sapere che se Fischer fosse uscito dall’Islanda sarebbe stato arrestato, 400 aeroporti nel mondo erano stati allertati. Fischer morì 3 anni dopo in un ospedale di Reykjavik per problemi ai reni. Rifiutò l’aiuto dei medici, volle che la natura facesse il suo corso e non volle essere sepolto a Reykjavik, dove la sua tomba sarebbe diventata luogo di turismo. Aveva 64 anni, quante caselle ci sono in una scacchiera? Qual’è la latitudine di Selfoss? 63.93. Spassky ora 86enne, vive a Mosca, la sua salute pare non sia molto buona ma la sua mente è lucida. In una intervista avrebbe detto che gli piacerebbe essere sepolto accanto a Fischer ».
Nel 1962 la campionessa statunitense di scacchi Lisa Lane disse che considerava Fischer il più forte giocatore vivente. Fischer commentò: «L’affermazione è corretta, ma Lisa Lane non può valutarlo. Le donne sono deboli, tutte le donne lo sono, e sono stupide se paragonate agli uomini, non dovrebbero giocare a scacchi. Contro un uomo perdono sempre, non esiste donna al mondo alla quale non potrei dare un cavallo di vantaggio e vincere ugualmente». Misogino, antisionista, dopo gli attentati dell’11 settembre in una intervista nelle Filippine a Radio Bombo dichiarò tra l’altro: «È una splendida notizia. Gli Stati Uniti e Israele massacrano i palestinesi da anni. Li derubano e li ammazzano. A nessuno frega un cazzo. Ora tocca agli Usa. Fuck the U.S. Voglio vedere gli Stati Uniti spazzati via». Dopo la vittoria contro Spassky Gli Usa pensavano di usare il personaggio Fischer nella guerra di propaganda contro l’Urss, ma Fischer non corrispose alle attese…
«Dopo il match del 1972 – continua Aldis Sigfusdottir – Fischer e Spassky divennero buoni amici. Due caratteri molto differenti ma avevano qualcosa in comune, erano stati cresciuti entrambi da una mamma single.
Molti, specie visitatori americani, mi chiedono se Fischer era pazzo. Non ho conosciuto Fischer ma molti che l’hanno conosciuto, e tutti dicono che Fischer non era pazzo.
L’anno scorso è uscita una biografia di Bobby Fischer, ma il libro è tutto basato su documenti dell’Fbi, che spiava la madre di Fisher, era ebrea polacca e aveva vissuto 2 anni a Mosca prima di immigrare negli Usa. Era una attivista socialista, e la sospettarono di essere una spia sovietrica, ipotesi mai verificata».
Boris Spassky, il 10 agosto 2004, scrisse una lettera aperta al presidente degli Stati Uniti George W. Bush: «Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: la prego (…) Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera».
Su Youtube è disponibile Bobby Fischer contro il mondo documentario di 90 minuti di Liz Garbus (2011) con tra gli altri interventi di Bobby Fischer, Boris Spasskij, Henry Kissinger e Garry Kasparov.
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