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Bobby Few, il linguaggio libero e visionario del free jazz

Bobby Few, il linguaggio libero e visionario del free jazz

Musica Addio al pianista e compositore Usa che aveva trovato la sua patria in Francia

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 12 gennaio 2021

Bobby Few, pianista e compositore americano, viene di solito associato al grande sopranista Steve Lacy, nel cui gruppo Few entrò nel 1980-’81 trasformandolo in sestetto, dopo aver a lungo lavorato con Frank Wright. L’ottantacinquenne musicista – originario di Cleveland e amico di infanzia di Albert Ayler – è morto a Parigi il 6 gennaio, dopo aver combattuto vari tumori senza rinunciare alla musica. Il suo ultimo concerto risale al 2019 ed una delle sue più tarde incisioni è quella in duo con il sassofonista Sonny Simmons, che porta il titolo di una loro composizione: True Wind (Hello World!, 2008). La sua scomparsa è l’occasione per mettere a fuoco tre elementi: la formazione che lo vede avvicinarsi e impadronirsi del linguaggio free, in senso esteso; il precoce trasferimento in Francia e poi a Parigi (dal 1969 fino alla morte); la militanza paritaria nel gruppo di Steve Lacy, quasi un co-leader data l’intima connessione artistica fra i due artisti.

LACY, CHE ALL’EPOCA viveva in Italia, ascolta nel ‘69 al festival francese di Amourgie un gruppo con Frank Wright al sax e Bobby Few al piano e decide di trasferirsi a Parigi. «Fui immediatamente pazzo di Bobby. Era il primo pianista che sentivo dopo Cecil (Taylor, ndr) che avesse qualcosa di personale da dire (…) In effetti non era ancorato a niente. Era totalmente originale» (in Conversazioni con Steve Lacy, ETS, p.238). L’originalità gli proveniva da un talento precoce, dagli studi di armonia e composizione, dal trasferimento a New York nel 1958 con la militanza nel visionario Free Jazz Workshop di Bill Dixon e nel Marzette Watts Ensemble, cui seguirono le esperienze con Wright, Booker Ervin, Frank Foster e Roland Kirk. Prima di partire per l’Europa, Few incise con l’amico Albert Ayler due dischi (Impulse) quali Music Is the Healing Force of the Universe e The Last Album.

IL PIANISTA comprese che in Europa c’era più spazio per una musica di sperimentazione e ricerca e qui suonò con il quartetto Center of the World. Si stabilì a Levallois-Perret, nei dintorni di Parigi (città dove risiedevano, in quel periodo, l’Art Ensemble of Chicago e Anthony Braxton), si mise a insegnare, fece parte della Celestrial Communication Orchestra del contrabbassista Alan Silva, suonò spesso nel club parigino Duc Des Lombards. Bobby Few appartiene ad una vasta famiglia di jazzisti che, da Sidney Bechet a Steve Lacy, ha trovato in Francia una autentica e libera patria. E fu proprio Lacy ad ingaggiarlo per il suo gruppo con cui resterà per più di un decennio e firmerà pagine di alto spessore, da Song (1981) sulle poesie di Brion Gysin fino al 1992. Proprio in quell’anno Few e Lacy registrarono insieme il duetto The Rent, dieci minuti in cui il sax soprano e il piano si fondono in piena libertà, con le accelerazioni, i cluster ritmici, le improvvisazioni a due voci, gli inseguimenti guizzanti che caratterizzano il loro creativo binomio.

Dal 1993 Bobby Few ha diretto suoi gruppi (trii, quartetti e quintetti) sviluppando collaborazioni con il batterista lacyano Johh Betsch ed il giovane Benjamin Sanz, i contrabbassisti Peter Giron ed Harry Swift, il sassofonista Michaël Cheret. Resta nella mente quel suo originale stile ricco di arpeggi torrenziali «da Art Tatum a Cecil Taylor passando per Thelonious Monk» (Xavier Prévost).

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