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Bloodstained rituali notturni

Bloodstained rituali notturni

Ultraoltre Atteso dai fan, il videogioco è stato sviluppato da Koji Igarashi ex produttore della serie castlevania

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 agosto 2019

Con il «rituale notturno» di Bloodstained, Koji Igarashi ci conferma che lo spazio delle sue invenzioni elettroniche permane bidimensionale e labirintico, come lo è stato da quando egli contribuì a definire una nuova forma di esplorazione non lineare con Castlevania Symphony of the Night, nel 1997, e inoltre ci ribadisce che il suo immaginario è tuttora macabro e gotico, sebbene nella sovrabbondanza di forme, colori e nella confusione degli stili possa apparire una felice approssimazione nipponica del barocco.
Dopo la triste defezione da una sempre più deludente Konami ossessionata solo più dal profitto avvenuta nel 2014 e il conseguente abbandono della vampiresca saga di Castlevania, Igarashi offre dunque ai giocatori questo Bloodstained Ritual of the Night (sviluppato con l’ausilio economico di Kickstarter) ovvero proprio ciò che gli orfani delle tetre avventure della famiglia Belmont desideravano, un gioco che conserva e non rivoluziona, persino pedissequo nell’imitazione di ciò che è stato, tuttavia il suo valore anche se scontato risiede proprio in questa natura (auto)celebrativa che trasforma l’esperienza ludica in un gesto nostalgico dalla quale si ricavano rimpianto e piacere in egual misura. Uscito per Playstation 4, XBox One, Microsoft Windows e Nintendo Switch, Bloodstained racconta una storia confusa attorno esseri divenuti sovrannaturali a causa di innesti con cristalli magici, alchimia e apocalisse demoniaca, una narrazione a tratti affascinante proprio per i suoi non-sense e per quel senso di delirio che emana da dialoghi e animazioni. Protagonista è Miriam, una di queste mutanti cristalline in grado di assorbire i poteri dei nemici, che si risveglia da un sonno di 10 anni per scoprire il tradimento del suo mentore e sventare la resurrezione del demone definitivo.

Cominciamo a percorrere le due dimensioni (e mezza) di un galeone tra flutti tempestosi, affrontiamo la prima grande creatura mostruosa a prua e giungiamo nei pressi di un villaggio devastato dai demoni che servirà da quartiere generale per acquisti, cucina, alchimie, missioni secondarie e invenzioni. A questo punto eccoci pronti per viaggiare all’interno di un immenso castello la cui esplorazione totale potrebbe richiedere anche una trentina di ore.

Anche questa volta, secondo tradizione, Igarashi ci dà la possibilità di terminare parzialmente il gioco quando avremo esplorato solo la metà circa del maniero, ma per il «vero» finale, assai più divertente e gratificante, dovremo «faticare» assai più a lungo.  Non cedete alle lusinghe di una conclusione facile e immediata a meno che Bloodstained non faccia proprio per voi, perché sarebbe «quasi» come chiudere un libro a metà per non ricominciarlo mai più o andarsene dal cinema prima del secondo tempo.
Mentre compiliamo la mappatura del maniero e delle zone circostanti visitiamo ambienti che rimandano con un evidente manierismo al già visto, come la classica torre campanaria con i suoi grandi ingranaggi, mentre altri risultano originali, come i vagoni di un treno demoniaco in corsa o gli spazi titanici dove oggetti, mostri e architetture sono ingigantiti nella tradizione e citazione di alcuni livelli dei giochi di Super Mario.

FANTASTICI MOSTRI
L’esplorazione dell’ignoto è qui di nuovo allegoria della ragione che dissipa le ombre dell’irrazionale e si procede con metodo, diventando i cartografi di spazi numerici mentre combattiamo utilizzando numerosissime armi (spade di ogni tipo, asce, lance, fruste, mazze ferrate, pistole) e magie diverse contro orde di decine di mostri vari e peculiari, meno ispirati nel disegno di quelli dei diversi Castlevania di Igarashi ma fondanti comunque un bestiario immenso e enciclopedico di mostruosità fantastiche da tutto il mondo: tentacolate creature ittiche lovecraftiane, alati demoni da un’iconografia cristiana e da quella di altre religioni, bestie della classicità ellenica, vampiri, quadri malevoli, cavalieri diabolici, draghi, chitarristi assassini, scheletri animati, gattini terrificanti e realistici anche se abnormi, porci con le ali, fantasmi, teste di cagnetti yorkshire colossali, ratti mannari, sensuali diavolesse, barbieri assassini, libri posseduti…

Torna a scrivere musica per il «revenant» numerico di Koji Igarashi la compositrice storica dei Castlevania, ovvero Michiru Yamane, che ha creato una partitura epica e lirica, rapsodica e schizofrenica nel trascorrere da momenti melodici e timbrici che rimandano a Johann Sebastian Bach o a Dvorak, a Wolfgang Amadeus Mozart o a Johannes Brahms passando per l’hard rock dei Black Sabbath e l’elettronica dei Kraftwerk.
Videogioco fuori dal tempo, epigono obsoleto e decadente, astuto ma senza dubbio grandioso, Bloodstained Ritual of the Night non ambisce ad essere ricordato come capolavoro ma a ricordare quelli del passato, che imita con la bravura e l’arte di un mimo magistrale.

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