La moda fuori dalle passerelle ha delle implicazioni molto interessanti sul metodo che questo tipo di creatività usa per entrare in contatto con creatività ritenute più alte, o nobili. Ma anche sul metodo che la moda usa per mettere la propria riflessione sul contemporaneo al servizio della riflessione sul blocco creativo che si manifesta in molti settori della società odierna. Due esempi, per limitarci alle incursioni nell’arte e nello spettacolo, sono la mostra L’image volée, in corso fino al 28 agosto 2016 alla Fondazione Prada di Milano, e La Traviata in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 24 maggio al 30 giugno 2016.
La prima è una mostra collettiva curata dall’artista Thomas Demand che espone oltre 90 lavori realizzati da 60 artisti tra il 1820 e oggi che parlano dell’appropriazione dell’opera altrui attraverso vari meccanismi: la sottrazione dell’immagine o il furto fisico, fino alla logica che conduce all’appropriazione indebita del processo creativo. Tra le opere più significative ci sono un Senza Titolo di Maurizio Cattelan, che parla della sottrazione di un’opera immateriale, Stolen Rug, che è un tappeto persiano rubato su richiesta di Richard Artschwager per la mostra Art by Telephone (MCA Chicago, 1969) e Richter-Modell, un quadro di Gerhard Richter trasformato in un tavolino da Martin Kippenberger. Fino ad arrivare all’appropriazione delle opere altrui, come evidenzia Duchamp Man Ray Portrait dove Sturtevant si sostituisce sia all’autore sia al soggetto ritratto.
In questo meccanismo sembra di riconoscere il processo della moda attuale dove i «ladri di idee» sono all’ordine del giorno e dove tutto sembra procedere per sottrazione di identità piuttosto che per elaborazione di una propria idea, per non dire di una propria presa di posizione su una sollecitazione estetica. È quello che ci si trova a osservare a ogni turno di sfilate quando si vedono alcuni abiti che sono talmente riconoscibili come già visti su altre passerelle che già solo il buon gusto, di cui ogni designer di moda dovrebbe essere fornito, impedirebbe di esibire.
Eppure, a volte basta anche solo una stagione – a volte solo la settimana che separa le sfilate di Milano da quelle di Parigi – perché le idee rubate facciano mostra di sé nell’indifferenza generale e senza che si sollevi un giustificato scandalo, tanto il mondo di oggi è abituato alla non originalità. A essere un tantino sospettosi, il fatto che una mostra sull’immagine rubata così ben concepita sia stata allestita alla Fondazione d’Arte di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli la dice lunga sulla consapevolezza che Prada ha delle «sottrazioni di idee» a cui viene sottoposta.
Il secondo esempio, La Traviata di Verdi all’Opera di Roma con la regia di Sofia Coppola e la produzione di Valentino Garavani, ha i costumi di Violetta disegnati dello stesso Valentino e quelli di Flora e del Coro da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, attuali direttori creativi del marchio, tutti prodotti dall’Atelier Couture della Maison.
L’operazione appare una presa di posizione della moda contro il cattivo gusto che si è impossessato delle messe in scena nei teatri d’opera di tutto il mondo dove i vecchi costumi di tessuto «cupro» a basso costo (volgarmente detto «fodera») sono stati sostituiti da T-shirt e gonnelline senza forma che neanche le bancarelle dei mercati rionali osano mettere in vendita.
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