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«Blitz», le bombe su Londra viste da un bambino

«Blitz», le bombe su Londra viste da un bambinoSaoirse Ronan e Elliot Heffernan in una scena da «Blitz»

Cinema Steve McQueen ha chiuso il New York Film Festival con il suo nuovo lavoro, incentrato sui civili nella Seconda guerra mondiale. Tra razzismo e conflitti, non si può non pensare al presente

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

Un bambino di razza mista, solo, con una valigia e un cappotto più grandi di lui. È l’immagine, in una foto d’epoca, da cui è nato Blitz, il nuovo film scritto e diretto da Steve McQueen che, dopo la prima mondiale al London Film Festival, ha chiuso venerdì sera quello di New York. Londra è anche il set della storia, ambientata nell’arco di otto mesi, tra il 1940 e il 1941, durante i quali la capitale inglese era sotto il fuoco incessante dei bombardieri della Luftwaffe. Alle prese con un lavoro, sia narrativamente che stilisticamente parlando, più tradizionale del solito, McQueen fa suo il formato del British epic – le grandi distese di macerie fumanti, le scene di panico della folla, quelle nei rifugi zeppi da scoppiare e nelle fabbriche, dove erano rimaste solo le donne, a costruire proiettili- nella tradizione da David Lean a Dunkirk. Ma il suo focus non sono gli uomini che fanno la guerra (a cui aveva reso omaggio nell’installazione Queen and Country, dopo essere stato embedded con le truppe inglesi in Iraq, nel 2003), bensì la popolazione civile, inerme sotto le bombe dei nazisti.

COME nell’insuperabile Impero del sole, di Steven Spielberg, Blitz è raccontato dal punto di vista di un bambino, George (Elliot Heffernan, undicenne esordiente, bravissimo, in un perfetto equilibrio di vulnerabilità e determinazione), che vive con la madre Rita (Saoirse Ronan) e il nonno (il musicista Paul Weller), in un quartiere piccolo borghese dove, oltre ai bombardamenti, fronteggia piccoli episodi di razzismo quotidiano. È stato un episodio di razzismo anche quello per cui – all’uscita di un locale Black che ricorda la splendida festa danzante notturna nel segmento Lovers’ Rock, della serie Small Axe – suo padre è scomparso nella notte «nelle braccia» della polizia. Rita, che era già incinta, non lo ha mai più visto. Data l’intensità dei bombardamenti, il governo inglese ordina lo sfollamento dei bambini dalla città. «Ti odio» sibila George alla mamma, prima di scomparire correndo tra la folla sul binario alla stazione. Quando lei riesce a raggiungerlo – il vagone già in movimento – dall’ altra parte del finestrino, il bambino si rifiuta persino di guardarla. In un certo senso, il film parte veramente lì, quando George, saltato giù dal treno dopo pochi chilometri di viaggio, inizia l’avventura di tornare a casa. L’incontro con altri piccoli fuggitivi come lui, quello con una banda di ladri che lo obbligano ad infilarsi sotto le macerie alla ricerca di preziosi, le fughe dai nemici adulti (incarnati dai servizi sociali e dalla polizia), la fame, la paura…Dickens è la chiara ispirazione dell’odissea di George, un’odissea che, come nelle pagine del grande romanziere inglese (qui distillate con la stessa freschezza che Polanski aveva usato nel suo sottovalutato Oliver Twist) è anche lezione di vita.

MOLTO BELLA, per esempio, la scena in cui George, di notte, si trova in una galleria di eleganti gastronomie del centro di Londra, nelle cui vetrine illuminate, insieme al cioccolato, alle spezie e al caffè, sono esposti diorami delle rispettive piantagioni, piene di schiavi.
E McQueen punteggia il racconto avventuroso di precisi dettagli storici (per esempio la battaglia per permettere alla popolazione di rifugiarsi nei tunnel della metropolitana durante i bombardamenti) e di personaggi realmente esistiti (come l’ufficiale nigeriano della Military Police, Ita Ekpeyon, interpretato dal musicista Benjamin Clementine, o l’attivista Mickey Davies, che gestiva un rifugio nel quartiere di Stepney).
E, filtrata com’è dagli occhi di un bambino, questa sua ricalibrazione d’accenti, che illumina realtà etniche, politiche e culturali che la storia monumentale tende a lasciare in ombra, risulta qui meno schematica che in alcuni episodi di Small Axe.
McQueen stava lavorando a Blitz prima dei bombardamenti israeliani su Gaza e in Libano, e anche prima dei moti razzisti esplosi quest’estate in Inghilterra. Ma guardano questo film «d’epoca» non si può che pensare al presente.

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