Nel mirino avevano messo giornalisti «servi del regime», politici, medici. Progettavano di lanciare molotov contro i furgoni delle tv. Persino di spedire un drone pieno di tritolo sopra Montecitorio. Su Telegram si erano radunati in circa 200, nome della chat «i guerrieri»: no vax estremisti che meditavano di passare dalle parole in rete ai fatti, di incontrarsi di persona, di organizzare disordini a Roma nel prossimo fine settimana.

Sono 8 gli attivisti perquisiti all’alba di ieri dalla Digos e dalla polizia Postale di Milano su ordine dei magistrati Alberto Nobili, capo del pool antiterrorismo della procura e del pm Piero Basilone. Gli indagati sono cinque uomini e tre donne, fra i 33 e i 53 anni, tutti italiani, accusati di istigazione a delinquere aggravata.

Vivono tra Lombardia, Veneto e Emilia Romagna e Roma. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati supporti informatici (uno degli indagati quando ha visto gli agenti ha tentato di cancellare le chat) e alcune armi bianche e da fuoco.

L’indagato di Bergamo aveva due fucili e una pistola regolarmente denunciati, con un permesso di detenzione per uso sportivo (ma un numero di munizioni superiore al consentito, ed è stato denunciato), mentre a casa di quello di Reggio Emilia sono stati sequestrati una spada Katana, un manganello telescopico e degli spray al peperoncino. Intercettato, l’uomo si vantava del suo arsenale: «Se scoprono quello che ho in casa mi arrestano per terrorismo…».

A una donna di Venezia il porto d’armi era stato revocato per problemi psichiatrici. Lei è l’unica con precedenti esperienze politiche nell’area dei Serenissimi, i secessionisti veneti. Per il resto si tratta di persone comuni, incensurate, senza legami con aree politiche e senza precedenti segnalazioni durante manifestazioni: disoccupati, operai, portinai, camerieri.

Nelle chat, dove circolava l’indirizzo dell’abitazione del premier Draghi, non avrebbero mai fatto cenno a queste armi né a metterle a disposizione di altri attivisti. Progettavano di costruire ordigni fai da te, cercavano coltelli e tirapugni da utilizzare nelle piazze no vax. Non si erano mai visti di persona, ma stavano per farlo. Per questo la Digos ha deciso di intervenire, prima delle manifestazioni previste per l’11 e 12 settembre, a Roma e non solo.

Gli indagati avrebbero incitato gli altri membri del gruppo Telegram a realizzare azioni violente nelle rispettive province di residenza «contro non meglio precisati obiettivi istituzionali». Ad esempio era stato progettato un lancio di uova contro il ministro della Salute Speranza, che avrebbe dovuto recarsi il 2 settembre a Padova.

Secondo la Procura le «azioni violente» che stavano programmando sarebbero state «tese a mutare o condizionare la politica governativa e istituzionale in tema di campagna vaccinale». «Non risulta, al momento, dal nostro monitoraggio, che ci siano altre chat analoghe, con No Vax che istigano ad azioni violente», ha precisato il dirigente della Digos Guido D’Onofrio.

La chat era strapiena di teorie complottiste, il Covid era definito «un’invenzione dei governi e della stampa». Sostenevano che ai politici e ai vip venisse «inoculata soluzione fisiologica al posto del vaccino»: «Il popolo bue si fa mettere veleno e loro no». Altra folle idea degli indagati e dei loro seguaci: l’imminente creazione di «campi di concentramento per i non vaccinati».