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Bisogna saper perdere

Bisogna saper perdere

Il colonnino infame L’arte del saper perdere nasce in Giappone nel IX secolo ad opera del monaco zen Daitaro Suzuki...

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 1 ottobre 2022

«L’arte del saper perdere» nasce in Giappone nel IX secolo ad opera del monaco zen Daitaro Suzuki, che prima era un guerriero sempre vittorioso ma profondamente infelice, e quando comprese che la sconfitta era la sola «via» per il raggiungimento del Satori, fondò un monastero.

Ma la sua famosa scuola -dove metteva i monaci a giocare a palla prigioniera o a nascondino e chi vinceva si beccava 600 scudisciate- andò presto in rovina e così lui fece harakiri felice e contento. Poi, per secoli e secoli, il suo insegnamento fu dimenticato e bisognerà aspettare la riscoperta del suo unico testo scritto: «Lo Zen e l’arte della manutenzione della sconfitta», fatta dal filosofo tedesco Eugene Herringel, docente all’Università imperiale del Tohoku, che tornato in Germania nel 1929, lo tradusse e lo fece stampare in tre sole copie per il circolo esoterico di Monaco di cui era membro. Una di queste tre copie finì quindi in mano a un giovane Adolf Hitler che, non a caso, all’apice del suo potere ma triste, decise di invadere la Russia con l’inverno alle porte. Quella stessa copia quindi, fu ritrovata accanto al suo cadavere che ancora sorrideva, dal generale Zuchov e regalata a Stalin. Poco incline alla lettura, Stalin non ne sfogliò mai una pagina e lo rifilò a Togliatti in visita a Mosca. Palmiro invece lo lesse tutto d’un fiato e le parole del maestro Suzuki gli aprirono un mondo, così prima votò in Parlamento contro i miliardi del piano Marshall e poi impostò la campagna elettorale del 1948 in modo da prenderle da De Gasperi di santa ragione. «Ho capito» confesserà a Pietro Nenni, «che stare all’opposizione è meglio di fottere.» E infatti ci restò tutta la vita.

Ma venendo a oggi: che ne è delle altre copie esistenti? Non ne abbiamo la certezza ma pare che una delle due, sia ultimamente finita in mano all’allenatore della Juventus, Allegri. E l’altra? Su questa non c’è dubbio: la tiene Enrico Letta sul comodino. «Lo Zen e l’arte della manutenzione della sconfitta»infatti, insegna che la vittoria è sempre in agguato e come uno abbassa un poco la guardia… ZAC! quella ti becca tra capo e collo e fine della storia. Come stava appunto per capitare a Letta che, numeri alla mano, se andava avanti col campo largo e invece di Fratoianni e Bonino imbarcava i Cinque Stelle, Meloni se ne restava a pettinare le bambole. Ma come recita un koan del mestro Suzuki: «più la vittoria è già nelle tue mani, più il sapore della sconfitta è dolce».

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