Visioni

Bisca, figli mutanti del ’77

Bisca, figli mutanti del ’77Bisca – foto di Riccardo Piccirillo

Musica La storica band napoletana torna con un nuovo album, «Stato di grazia», in uscita il 17 gennaio. «Pensiamo di aver scritto un disco molto fisico, che scarnifica il muro del suono. Graffia come solo un solo di sassofono in acido e la voce urlata di Sergio possono fare»

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 2 gennaio 2020

Un album per rivendicare che qualcosa è andato storto. Stato di grazia (SoundFly) è l’ultimo dei Bisca, storica band napoletana, con Sergio «Serio» Maglietta e Elio «100 gr.» Manzo, fra le prime uscite del nuovo anno: arriverà negli store digitali e in formato fisico il 17 gennaio. Band riconosciuta soprattutto nell’ambito di quella controcultura che non se la passa troppo bene, sempre meno rivoluzionaria. È Sergio Maglietta a riallacciare i fili: «Bisca nasce su quel crinale fra l’era analogica e quella digitale. Figli mutanti e degeneri di quel ’77 che ha donato tanti frutti all’immaginario ’contro’. Oggi è improprio parlare di controcultura semplicemente perché non esiste nessuna cultura da fronteggiare, la civiltà dell’idiozia ha assorbito al suo interno ogni opzione. Ma attenzione, l’idiozia è sterile ed ha scarsa o nulla capacità di adattamento o evoluzione. È il prodotto terminale della civiltà dell’inganno; l’algoritmo disturbato del tardo capitalismo al collasso. Da un punto di vista squisitamente artistico questa non è una condizione disperata, nel sordido vuoto del nostro formattato presente, la sfida della creatività e del sabotaggio diventa sempre più avvincente. E agli artisti questo genere di cose intrigano».

«È ODIO. Io amo odiare. Odio il capitale e le sue puttane macho armate», sono le parole di Amo odiare che riprende quelle di Sanguineti sulla necessità di restaurare l’odio di classe. Il conflitto pare sparito anche dalla musica e chi ci prova non sembra più trovare troppi estimatori: «Considero il testo del brano uno dei più riusciti e politicamente pertinenti di tutto l’album. In questo momento storico il tema della verità contrapposta alla finzione della rappresentazione spettacolare è fondamentale. L’odio, la violenza, il comunismo, le passioni, il desiderio, la soddisfazione, il conflitto, la rivoluzione… Sono concetti e parole scomparsi dal nostro orizzonte quotidiano. La macchina ha deciso così. Rimuove il conflitto e così genera il sordido rancore della canaglia abbrutita. Sarei portato a pensare che la cattiva musica in Italia dipenda dalla ingombrante presenza della Chiesa e da una indubbia tendenza all’ossequio dei giullari di corte. In questo scenario non proprio edificante, mi piace sottolineare una felice eccezione rappresentata da Young Signorino: portare il disturbante nel mondo del pop è una impresa davvero apprezzabile».

NEL DISCO c’è una rivisitazione di un vecchio classico come Sotto attacco dell’idiozia, e un pezzo come Ultimo volo, che Maglietta dice essere il racconto degli ultimi istanti di vita di un Top Gun israeliano, un assassino con le ali e la stella di David sul petto. I testi sono sempre critici e impegnati: «Quando scrivemmo Sotto attacco dell’idiozia, nel 1990, io e Dario (Jacobelli, poeta napoletano, scomparso da qualche anno, collaboratore di Bisca sin dagli esordi) discutevamo spesso della mutazione in atto. Dario era più concentrato allo sviluppo dei media di nuova generazione: la televisione commerciale, il telecomando. Si era concentrato sui cambiamenti culturali e antropologici che quei marchingegni comportavano. Io invece ero più attento all’aspetto politico, sistemico, della cosa. Ero ossessionato dalle ripetizioni infinite di eventi senza senso. L’idiozia, ai miei occhi, era il nuovo paradigma del capitalismo nella sua fase senile; il suo (quasi) naturale sviluppo nell’adattamento alle condizioni da esso stesso create nelle fasi precedenti. Non era facile, negli anni 90, togliersi gli occhiali deformanti dell’asfittico anti berlusconismo. A distanza di trent’anni mi sorprende la lucidità di quella analisi. Oggi l’Idiozia si dispiega in tutta la sua mefitica potenza; un gingillo bio tecnologico che plasma la vita e ne spettacolarizza le miserie e le più intime pulsioni».

L’ALBUM forse è meno fisico, fra l’altro nel disco compare spesso la «luna» (Notte, Nero, Luna) e c’è varietà di generi: «Dissento, lo trovo un disco molto fisico, che scarnifica addirittura… Il corpo ed il suono. Graffia come solo un sassofono in acido e la voce urlata di Serio possono fare. La luna, regina della notte, è effettivamente la musa ispiratrice del disco. La notte allunga la sua ombra, insonne isterica nervosa, come solo la notte sa essere quando dura troppo!».

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