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Bindi: «Una legge ad uso di Renzi, un Pd ormai Leopolda»

Bindi: «Una legge ad uso di Renzi, un Pd ormai Leopolda»Rosy Bindi – Foto Aleandro Biagianti

Intervista L'ex presidente: noi esclusi, fatto grave, fanno l’unità fra di loro. Il premier vuole le mani libere per votare quando riterrà. Non risponderò alla fiducia: non contro il governo ma contro una scelta incostituzionale. Il segretario ci disancora dal centrosinistra

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 22 aprile 2015

Presidente Rosy Bindi, dalla commissione affari costituzionali lei è stata sostituita, rimossa o epurata?

Userei il termine meno offensivo per tutti. Loro hanno parlato di ’sostituzione temporanea’.

Perché non vi siete opposti?

Perché era una fatica inutile. Avevamo dichiarato l’intenzione di votare i nostri emendamenti, ma sapevamo che si sarebbero fatti forti di una norma regolamentare e ci avrebbero sostituito. Ma è un gesto che parla da sé. La sostituzione di massa è un fatto così grave sul piano politico che non ha bisogno della nostra drammatizzazione.

Un fatto grave che dice cosa?

Che quando si prende una strada sbagliata si è costretti a commettere altri errori. L’errore di partenza sta in un governo che si intesta la legge elettorale, che addirittura intende metterci la fiducia. L’Italicum prima versione era imprigionata nel Patto del Nazareno, la nuova versione è frutto pressoché esclusivo della volontà di fare una legge ad uso e consumo del partito di maggioranza relativa, cioè il Pd.

Lei ha avvertito: con i voti segreti ’altro che 101’. Che vuole dire?

Considero l’ipotesi di fiducia un’inutile provocazione, un gesto politicamente e costituzionalmente grave. Grave anche dal punto di vista storico: dopo la legge Acerbo e la legge truffa, ci sarà la legge Renzi-Boschi? Contenti loro. Dopo la fiducia ci sarà comunque un voto segreto sul provvedimento. Che senso ha mettere la fiducia?

Che Renzi creda di prendere più voti di quelli che perde, quelli forzisti?

Spero che un giorno Berlusconi ci spieghi perché ha accettato il premio di maggioranza alla lista, anziché alla coalizione. Se c’è una forza che ci perde è la sua. Io ho presentato praticamente solo un emendamento, quello per riportare il premio alla coalizione. E non l’ho fatto per fare un piacere al centrodestra ma per salvare la democrazia dell’alternanza, per non andare verso il partito unico della nazione. E per salvare la natura del mio partito, che vorrei rimanesse ancorato al centrosinistra. Il premio alla lista invece è un bel regalo, oltreché al Pd, a Grillo.

Il premio alla lista seppellisce per sempre l’idea ulivista di centrosinistra. Cioè la sua, di Prodi, di Letta.

Il premio alla lista premia il partito a maggioranza relativa che diventa maggioranza assoluta, che come tale non solo chiede i voti a tutti, com’è legittimo, ma cura anche gli interessi di tutti. Tratta con poche opposizioni piccole, e riproduce una forma di consociativismo degli interessi al proprio interno.

È il Pd della nazione di Renzi.

E, sia chiaro, non è il partito a vocazione maggioritaria di Veltroni. Che pure alla Bindi non piaceva: ma era un Pd ancorato al centrosinistra.

Se passa l’Italicum il voto anticipato è più vicino o più lontano?

Più vicino.

Renzi farebbe rivotare i cittadini per il vecchio senato, dopo tutto quello che ha fatto per cambiarlo?

Se volesse aspettare il completamento delle riforme, come chiediamo noi, che fretta ci sarebbe di approvare l’Italicum? Vuole avere una legge per votare in qualunque momento. Vuole le mani libere.

Non votare la fiducia al proprio governo non è mettersi fuori dalla maggioranza, e anche dal proprio partito?

Io spero ancora che la fiducia non venga messa. Ma se verrà messa su un provvedimento che è una prerogativa classica del parlamento, non potrei partecipare al voto. Non prenderei le distanze dal governo, ma da una sua decisione incostituzionale.

Lei ha detto: ’nel caso, la scissione sarà nelle cose’. Che significa?

Se il Pd compisse fino in fondo la mutazione genetica in atto, questo paese non potrebbe fare a meno di un partito di sinistra non minoritaria, che si candida al governo. E poi la tradizione dell’Ulivo è quella che vent’anni fa ha iniziato a far nascere il Pd, ha lavorato per il bipolarismo e l’alternanza, con un intento includente verso tutte le forze politiche di centrosinistra e anche verso le spinte presenti nella società. Oggi Renzi fa il contrario: alimenta le spinte estreme e blocca il bipolarismo. È un ritorno indietro di vent’anni. E io di tornare indietro non me la sento.

Lei farebbe parte di questa forza?

Per adesso lasciatemi stare. L’avventura nel Pd non è ancora finita.

Vede già nascere questa sinistra da qualche parte?

Nascerà, qualcuno se ne farà carico. Ma se deve nascere sotto una buona stella, deve sfidare Renzi sul futuro, non sul passato.

Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini dice che le opposizioni usano le epurazioni per fare ’cagnara’.

L’uso di questi termini da parte di un vicesegretario del partito si commenta da sé. Si confrontino nel merito. Noi non abbiamo presentato emendamenti ostruzionistici.

Ettore Rosato dice invece che i Pd è più unito di quello che sembra.

Se il Pd che si riunisce alla festa dell’Unità a Bologna è lo stesso di quello che si riunisce alla Leopolda, può darsi. L’unità fatta di esclusioni e sostituzioni non si chiama unità, si chiama in un’altra maniera.

Un Pd centralista, autoritario?

Un Pd a vocazione Leopoldina. Dove si riuniscono fra loro.

Spiego la vicenda: alla festa di Bologna non è stato invitato nessun big non-renziano. E lei ha scritto al presidente Orfini perché intervenga.

Non c’è altra spiegazione se non la volontà di escludere persone, culture e biografie: si parla di un segretario, di candidati alle primarie, di fondatori del partito. Nella Dc e nel Pci, due partiti popolari che erano partiti ’per la nazione’, non ’della nazione’, le feste erano l’occasione in cui si interpretava tutti insieme un popolo. Magari dopo essersi sbranati in un congresso.

Negli anni 90 ha fatto la battaglia contro Buttiglione che voleva andare con Berlusconi. Ora sta in un partito ’molto’ personale. Che sensazione le dà?
Che siamo tornati alla casella di partenza. Il Monopoli lo sta facendo Renzi. Allora come adesso la mia battaglia era dentro il mio partito. Allora non era quello di Buttiglione e oggi non è quello di Renzi. Un partito non è di proprietà di un segretario. Chi diventa segretario, anche con le più grandi maggioranze, non per questo possiede la verità.

Cosa vuole dire a Renzi?

Sulle sue spalle pesa la ricerca di una soluzione di un tema drammatico, la tragedia del Mediterraneo trasformato in un cimitero, quella guerra mondiale a pezzetti di cui ha parlato Papa Francesco. Si concentri lì, saremo con lui. Non leghi la vita del governo e del paese a un emendamento all’Italicum. Pratichi a casa sua, casa nostra, la legge più bella della politica, l’ascolto, la voglia di fare insieme. Si concentri lì, alla legge elettorale penserà il parlamento.

Cita quasi alla lettera il libro di Enrico Letta (Andare insieme, andare lontano, ndr), del cui governo lei non era entusiasta. Oggi Letta cambia mestiere. Un altro che si disimpegna dal Pd?

Capisco che chi si impolvera non ha l’abito pronto per le eventuali chiamate per le grandi occasioni. Ma non ci si può ridurre al silenzio. Non chieda ad altri di fare la corsa per portargli alla fine l’abito pulito delle grandi occasioni. Non è il tempo nel quale uno si tira fuori dalla battaglia pensando di essere pronto alla fine della fase poco nobile in cui ci troviamo.

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