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Bill Plympton, Oregon fatto a mano

Bill Plympton, Oregon fatto a mano

Intervista Il regista racconta «Slide», il suo ultimo film presentato in anteprima al Future Film Festival

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 2 dicembre 2023

Tratti a penna, irregolari e imperfetti, grezzi, sfumati, fatti di ombre e sporcature, per disegnare un cowboy disarmato che affronta due gemelli cattivi e corrotti con la sua inseparabile chitarra slide. Un eroe western, con cappello a tesa larga che gli nasconde lo sguardo, arriva nella città di Sourdough Creek e combatte contro la malvagità e l’avidità del sindaco e del fratello. I due compiono per denaro uno scempio ambientale, disboscando per costruire una diga in una sola settimana e aprire un resort di lusso per ospitare una prestigiosa produzione cinematografica. Una spirale di follia e vendetta ambientata negli anni ’40 fra saloon, cavalli e una storia d’amore con l’affascinate cantante country, Slide, il nuovo film realizzato interamente a mano da Bill Plympton, re dell’animazione indipendente. Classe ’46, due volte candidato all’Oscar, amato anche da Quentin Tarantino, Plympton è stato ospite della XXIII edizione del Future Film Festival a Bologna per presentare il lungometraggio in anteprima mondiale e tenere una masterclass. Lo abbiamo incontrato durante la rassegna.

Com’è nato «Slide», cosa l’ha ispirato?
La mia gioventù, sono cresciuto in Oregon fra boschi, montagne, e taglialegna che cantavano canzoni country. Mio padre amava la musica di Johnny Cash. Ho voluto fare un film che rievocasse quell’atmosfera, in una città corrotta un musicista mistico con le sue note si libera di tutta la violenza e la corruzione. Una sorta di Clint Eastwood che magicamente appare e scompare. Ho riportato anche il clima di quella regione: la nebbia e la foschia in cui le cose che accadono non sono del tutto reali.

È una commedia, ma non è per bambini, ci sono prostitute e violenza raccontate con ironia. Se Mel Brooks fosse stato un regista di animazione, questo è ciò che avrebbe voluto fare. È folle, surreale, bizzarro, pieno di humour. Ho cominciato circa sei anni fa, solitamente impiego due o tre anni per completare un film, ma in questo caso il covid ha allungato i tempi. Tutti i cinema e i festival erano chiusi e sospesi, mi è venuta a mancare la fonte di guadagno, non avevo soldi e ho dovuto fermare la produzione, fare pubblicità, video musicali e alcuni lavori per i Simpson per denaro. Non appena è finita l’emergenza del virus ho ripreso a lavorarci.

Questo è il prezzo che si paga per essere indipendenti?
Esatto, ma è anche il privilegio di esserlo, non avere nessuno che mi dica che non posso fare qualcosa perché è offensiva o di cambiare la storia. Ho deciso che avrei fatto tutto quello che volevo. È il mio nono film animato, il primo è del 1990, The Tune, una serie di cortometraggi messi insieme e diventati un lungometraggio di un’ora. Mi sono chiesto come mai non l’avessi fatto prima.
Da bambino volevo lavorare e disegnare per un film della Disney, quando ho scoperto che potevo farlo da solo ho capito che non avevo bisogno di Disney. Ho scelto di lavorare con Maureen McElheron per le colonne sonore. Il film è stato un successo e ne ho fatto altri, nove finora. Molti giovani animatori sono rimasti colpiti dal fatto che avessi fatto tutto da solo e hanno trovato il coraggio di provare a fare lo stesso.
Si è creato un movimento, molti volevano diventare «Bill Plympton» e fare i propri film. Ora ci sono centinaia di registi di animazione indipendenti che prendono il controllo del loro modo di fare cinema e della loro creatività.

Il suo tratto è artigianale, come realizza i suoi disegni?
Ho iniziato come illustratore, non c’erano scuole di animazione all’epoca. Uso la penna a sfera, non l’avevo mai usata prima di Slide, per creare i personaggi, i paesaggi e tutta l’azione. È uno stile unico, credo che nessuno abbia mai fatto animazione con questa tecnica, per me è stato un atto di libertà. Disegnando con la biro posso star seduto sul divano mentre guardo vecchi film di cowboy. Le dimensioni sono allungate, le teste piegate, la cosa divertente è tutta la stravaganza che posso metterci. Sono circa trentamila disegni, uno ogni dieci-quindici minuti, circa trenta al giorno che corrisponde a quasi dieci secondi di animazione. Mi diverto a disegnare questi personaggi cattivi.

Nel film affronta anche un tema ecologista, ci spiega meglio?
Sì, anche. È un film contro le armi, l’eroe non le usa mai, neanche la violenza, usa solo la sua chitarra, il messaggio è che la musica possa superare la violenza. C’è anche una questione ambientale, un sindaco corrotto vuole tagliare tutti gli alberi e costruire una diga solo per guadagnare. Tutto viene distrutto, gli alberi abbattuti, questo trova ispirazione dalla mia vita in Oregon.

Come riesce a coniugare questa artigianalità con la tecnologia? Soprattutto in anni in cui si parla del ruolo dell’intelligenza artificiale anche per la creazione artistica.
Venti anni fa la tecnologia era molto cara, le strumentazioni rappresentavano il novanta per cento del budget, ma tutto è cambiato con i computer e il digitale. Ora si può realizzare tutto su un portatile e la maggior parte dei soldi è riservato all’arte. Sono felice che la vecchia tecnologia costosa sia superata. Lavoro con carta e penna come ai vecchi tempi, per me è magico che la mano sia parte del processo. I film della Pixar sono stupendi, hanno tratti perfetti, linee diritte, regolari, ma io voglio che la mano faccia errori, crei disegni ruvidi, irregolari, linee storte che facciano capire che qualcuno le ha disegnate. Voglio che l’arte dimostri di essere realizzata da una persona, sia fatta a mano. Così è anche più economica. Sarebbe costoso assumere animatori per lavorare al computer e per me è importante mantenere il budget basso per essere indipendente. Quando avevo quindici anni il mio obiettivo era lavorare per la Disney, ho mandato dei disegni agli Studios e mi hanno risposto che ero promettente, ma troppo giovane, e di farmi risentire dopo venti anni. Ho realizzato il film Your Face, nominato all’Oscar, e la Disney ha mandato un avvocato nel mio studio di New York con un contratto da un milione di dollari. Era bellissimo, il mio sogno d’infanzia si realizzava, ero felice che avessero scoperto il mio talento. Ho chiesto se nel fine settimana avrei potuto continuare a lavorare ai miei film, mi hanno risposto di sì, ma sarebbero appartenuti a loro come ogni storia buffa e idea che avrei avuto. Ho dovuto rifiutare. Anni dopo ho saputo che mi volevano per realizzare Aladino.
Ho deciso di restare nel mio studio di New York e ancora oggi quando mi siedo al tavolo e faccio quello che voglio so che la libertà di essere indipendente vale molto più di un milione di dollari. Disegno a mano, scrivo la storia, faccio storyboard, impaginazione, animazioni, a volte anche le voci e la colorazione così risparmio molto.
I miei film non escono in migliaia di cinema come quelli di Disney e Pixar, forse in un centinaio, non guadagno molto, ma se mantengo il budget basso posso trarne un profitto. Ora i miei film stanno vivendo una riscoperta sono di nuovo nelle sale in versione blue ray, c’è una sorta di rinascimento dell’animazione di Bill Plympton. Slide è costato circa duecentomila dollari, un budget basso in confronto alla Disney che costa duecento milioni, con quella cifra ne posso realizzare mille.

Slide uscirà nelle sale?
Sarà finito entro pochi giorni, mancano alcuni dettagli nel colore e la sincronizzazione, e voglio aggiungere altro humour. Nel giugno scorso al festival di Annecy ho presentato il work in progress, al FFF invece l’ultima versione rielaborata. Ora bisogna trovare un distributore entusiasta del film. Nel frattempo sto iniziando a lavorare con Jeff Danziger, cartoonist politico di fama mondiale, a un film su gatti neri investigatori a New York, mi diverto molto, amo le commedie nere.

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