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Bill Murray, l’eccentrico imbucato

Bill Murray, l’eccentrico imbucato

Libri «Essere Bill Murray» di Gavin Edwards, un manuale di principi di vita, ovvero come fare del mondo un posto divertente

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 16 luglio 2022

Bill Murray si imbuca alle feste, attinge i pop corn dal sacchetto altrui al cinema, sorprende il prossimo per strada alle spalle mettendogli le mani sugli occhi e chiede «indovina chi sono?»; poi si palesa e dice «se lo racconti in giro nessuno ti crederà mai», va a spasso per Stoccolma a bordo di golf cart. Un tassista racconta di avergli dovuto cedere il posto alla guida: Bill ha voluto che si dedicasse alla sua passione, suonare il sax tutta la sera.

Recentemente è rimbalzato per tutte le agenzie di stampa la notizia dell’allontanamento di Murray dal set del film Being Mortal diretto da Aziz Ansari e della sospensione delle riprese per comportamento inappropriato dell’attore. L’inappropriatezza del comportamento è stata in prima battuta descritta dai media in questi termini: «fa il cascamorto con le colleghe», termini che peraltro neanche Topo Gigio usa più. In seguito è girata la notizia che Murray tirasse i capelli («Pensavo fosse divertente ma non lo era» ha spiegato).

Siamo al crepuscolo degli idoli se l’attore più eccentrico e non convenzionale di Hollywood, la leggenda metropolitana che vanta più avvistamenti bizzarri – e tutto sommato innocui – di un UFO viene allontanato perché fa dispetti da terza elementare. In attesa di capire come andrà a finire la storia, ora anche in Italia si può ripercorre la filmografia e la vita pubblicate da Blackie edizioni e commentate da Gavin Edwards, giornalista di Rolling Stones, nel libro L’arte di essere Bill Murray (in originale The Tao of Bill Murray).

Più che di una biografia non autorizzata si tratta della ricognizione delle più notevoli stravaganze di Murray da cui Edwards trae principi di vita. Seguendoli si potrebbe, a sentire lui, cercare l’ingresso ad una esistenza più lieta, sicuramente meno piatta e a una versione migliore di sé stessi. Non la cronistoria di pagliacciate ma la realizzazione di una filosofia finalizzata a fare del mondo un posto più divertente.

Il binomio genio e sregolatezza, si sa, non è per tutti; i geni veri latitano, le intemperanze e i capricci meno e appaiono subito per contratto nel kit di chi diventa popolare; le trovate di Murray invece, che si realizzano lontano dai riflettori (quelle che Edwards racconta sono frutto di testimonianze di sconosciuti che le hanno vissute direttamente), somigliano a soluzioni punk per sopravvivere, per rintuzzare la malinconia carsica che l’attore fa affiorare davvero solo nella faccia che fa per tutto Lost In Translation; è il film preferito dall’attore e lui ha rischiato di non farlo. Sofia Coppola, ricorda Edwards, per convincerlo gli è stata dietro in un anno di messaggi in segreteria telefonica e lettere; e dire che poteva contare sull’intermediazione di Al Pacino.

L’incontenibilità creativa di Murray percorre tutti i set che ha frequentato: non c’è un making off della sua filmografia dove non si legga che la sceneggiatura, uno dei casi più eclatanti Tutte le manie di Bob, è stata pesantemente stravolta dalle improvvisazioni dell’attore prediletto di Wes Anderson. Certo la fama vera è quella arrivata con Ghostbusters di Reitman: Bill sarà sempre Peter Venkman per chi è stato ragazzino negli Anni Ottanta, e anche per Wes Anderson che una volta per Halloween ne ha indossati i panni e lo zaino protonico, ma è grazie al regista che lo ha voluto da Rushmore a French Dispatch che l’attore è diventato un’icona: una sagoma col berretto rosso di Steve Zissou, la giacca da Oliver Sacks di Raleigh St. Clair dei Tenenbaum, il completo da uomo d’affari nel cameo del Treno per Darjeeling, i pantaloni a scacchi dell’avvocato Bishop in Moonrise Kingdom . La facey face, faccia facciosa, di Charlie Brown, faccia enigmatica e divertita. Stupita dagli spunti che la vita può offrire. I suoi scherzi agli sconosciuti sono stati ricostruiti anche nel documentario Le storie di Bill Murray: lezioni di vita apprese da un uomo mitico, diretto da Tommy Avallone, che restituisce però solo l’aspetto pop di tutta la faccenda del Murray sighting, la caccia all’attore in situazioni paradossali da candid camera privata.

Il testo di Edwards offre spunti di riflessione più profonda. Non evidenzia solo la disperazione di ogni comico, la stessa che ci ha portato via Robin Williams, o il teschio di Yorick visibile ai raggi X della testa matta di ogni buffone (Murray, a proposito, ha recitato anche in Hamlet 2000); baluginano qua e là anche i tratti di un disegno che ha a che fare col fuggire al consumo. Prendersi gioco di tutto per esorcizzare le tenebre e non pensare al capolinea finale, come fa Woody Allen con la compulsiva realizzazione di un film all’anno. La morte a ben vedere è in molti i lavori di Murray, da Ghostbusters, al remake di Canto di Natale (SOS Fantasmi), a I Morti non muoiono a Funeral Party. È stato persino un finto zombie in Benvenuti a Zombieland, dove nella manciata di superstiti in un futuro distopico c’è proprio Bill che interpreta se stesso; che sopravvive in forza della sua irriverenza stralunata e ludica. Giocare è la parola d’ordine, e non a caso play in inglese traduce anche il verbo recitare come pure il praticare uno sport, altra attività cara a Bill Murray che è amico di Jordan ed è stato con lui in Space Jam e ama dire «ogni madre alle prese con la cena che si fredda sa quanto durano esattamente gli ultimi 5 minuti di una partita di NBA». Oltre al basket ,c’è il baseball, Murray ha rilevato una squadra, il St. Paul Saints; soprattutto però c’è il golf: coi suoi numerosi fratelli Bill Murray ha aperto una catena di ristoranti a tema, la Caddy Shack.
Facciamo qualche domanda all’autore del libro Gavin Edwards.

Perché Bill Murray piace a tutti e dappertutto? come fa ad essere a un tempo pop e d’autore?
Bill non vuole ingraziarsi nessuno, e in questo è parte del motivo per cui piace a tutti. Vuole essere d’essai ma è più forte di lui, è così divertente che finisce per essere pop.

Il tuo lavoro sul «Murray sighting» continua, ti vengono segnalati ancora «avvistamenti»?
Raccolgo segnalazioni sparse di lettori che vedono Bill al ristorante o a una partita. Il mio avvistamento preferito in anni recenti è quello durante la sua improbabile tourné accanto al violoncellista Jan Vogler, cui ho avuto la fortuna di assistere anche io. In particolare ricordo quando Bill ha letto un lungo brano da Huckleberry Finn e si messo a offrire rose alla gente del pubblico.

È il gioco la chiave dell’essere Bill Murray? E l’improvvisazione è un aspetto del gioco?
Sì e l’improvvisazione è ritorno per gli adulti al senso del gioco, fa imbastire una storia, camuffare la realtà, testare le regole del mondo dei grandi.

Gioca e cerca la felicità eppure il suo film preferito, tra quelli che ha interpretato, è «Lost in Translation». Ridere e sovvertire è per Murray, come per altri comici, un antidoto alla malinconia?
Sì, ma con l’andare del tempo penso abbia scoperto che anche questo poteva diventare routine ed è per questo che cerca sempre nuovi approcci e avventure

La provocazione e la satira in Bill Murray. La questione degli Oscar: che avrebbe fatto Bill con Chris Rock? fin dove si può scherzare?
Esattamente fino a un passo prima di dove è arrivato Chris Rock. Bill sottolinea che tutto è situazionale: ha detto che se ti dà una pacca sulla schiena può essere inteso come gesto di cameratismo o un assalto al tuo spazio fisico, e il suo compito è capire come sarà recepito

Concordi sul fatto che una declinazione del politicamente, apparentemente, scorretto è ai funerali o momenti di orazione funebre? Il ricordo Ivan Reitman agli Oscar, l’incursione agli epici funerali di Elvis, il tributo a John Belushi
Non credo sia politicamente scorretto ma certo concordo sul fatto che Bill dia il meglio di sé in modalità elegiaca

Quale era secondo te l’ingrediente segreto che ha prodotto il concentrato di talento al Saturday Night al tempo in cui ad animarlo c’erano Murray, Belushi e Chevy Chase?
Di certo la visione del produttore, Lorne Michaels che ha saputo individuare quei grandi talenti comici e dargli quel tanto di struttura sufficiente a permettergli di scatenare l’anarchia

Ci sono eredi di Murray?
Nessuno come lui, ma è pieno di gente divertente. Penso che lui abbia deliberatamente passato il testimone alle donne con Ghostbusters reboot nel 2016, e sono tutte eredi degne: Leslie Jones, Kristen
Wiig, Melissa McCarthy, and Kate McKinnon.

Nel libro ringrazi quelli che fanno del mondo un posto a misura di Bill Murray. Chi sono oggi?
Non gente famosa, ma tutti quelli che si concedono anche solo un attimo per essere goffi, irregolari, per scuotere il mondo dalla sua routine

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