Biancofango, «cerchiamo Lolita tra eterni Peter Pan e giovani troppo adulti»
Scene Incontro con la compagnia Biancofango, «Never Young» al Teatro India di Roma fino a domenica. Dalla società berlusconiana alla sessualità online, generazioni a confronto
Scene Incontro con la compagnia Biancofango, «Never Young» al Teatro India di Roma fino a domenica. Dalla società berlusconiana alla sessualità online, generazioni a confronto
«Molte persone rimangono scioccate, eppure è già sotto gli occhi di tutti, per scoprirlo basta un click». Così Francesca Macrì, drammaturga e regista della compagnia Biancofango, parla della sessualità giovanile che invade la piazza virtuale. È uno dei temi del nuovo spettacolo Never Young, dov’è Lolit* oggi? in programma in questi giorni al Teatro India di Roma (aggiunta una replica straordinaria domenica alle 16 vista l’alta richiesta), poi ad aprile a Milano e Torino.
IN SCENA c’è l’altra metà della compagnia, Andrea Trapani, indossa una gonnellina di velluto rosso, una camicia e un gilet. È dunque una figura che sta «nel mezzo», tra le identità di genere, tra le diverse età. Insieme a lui un gruppo di giovani attori e attrici – Marco Gregorio Pulieri, Irma Ticozzelli, Sara Younes, Cristian Zandonella – e un coro di cittadini romani over 60. «Ogni generazione ha bisogno di distruggere la precedente. Quella prima della mia, ad esempio, aveva fatto il ’68 e portava avanti una retorica sulla libertà rispetto alla quale noi ci siamo chiesti, ma è davvero così? Per queste ragioni ci tenevamo ad avere sul palco più generazioni» racconta Macrì.
Never Young è una docu-performance, che si nutre di una parte documentaria e di una parte «poetico-visionaria», «è la chiusura di una “costellazione” iniziata con About Lolita, che ha debuttato alla Biennale di Venezia nel 2020. Lì parlavamo di quella figura a partire dal libro di Nabokov e del film di Kubrick, e dell’impatto che ha avuto nel nostro immaginario, fino all’ingresso di Lolita come termine nei vocabolari. Abbiamo poi sentito che quel viaggio non era finito, perché continuavamo a chiederci: dov’è Lolita oggi? E per farlo, bisogna parlare anche di Lolito e Lolit*, ovvero raccontare una generazione in cambiamento». È dunque un intreccio tra sessualità, generazioni e società a essere indagato da Biancofango in una messa in scena densissima, talvolta feroce, mai moralista. Come racconta Macrì, per avvicinarsi a quei giovanissimi – «non tutti i giovani, ma quelli che hanno una specifica curiosità per la sessualità» – il punto di partenza non poteva che essere l’età adolescenziale della stessa compagnia. «Era inevitabile, dovevamo indagare quella che Pasolini definiva “la responsabilità dei padri storici”. Non importa che io sia diventato biologicamente padre, diceva, sono inesorabilmente passato dall’altra parte. In questo caso lo siamo noi».
Ecco allora che la prima parte dello spettacolo ci catapulta nella «rivoluzione» berlusconiana, Trapani restituisce con dovizia di particolari la mimica del celebre discorso della «discesa in campo» mentre, con l’aiuto degli spettatori, si imbastisce un siparietto di quelli che andavano tanto su Non è la Rai perché «in quei tempi, Umberto Eco parlava del programma riferendosi alle “nuove Lolite”».
Non capisco le persone che rimangono scioccate basta un click per scoprire questo mondo. Io non vedo alcun orrore, solo una fotografia del presente
QUEL SISTEMA spettacolare, come ormai noto, ha radicalmente modificato l’immaginario e il rapporto con la sessualità. Da queste «origini» – e dalla problematicità, a sua volta, del rapporto con i propri padri – si può man mano entrare nello specifico della gioventù contemporanea. «Marida Lombardo Pijola, giornalista purtroppo morta prematuramente, raccontava gli adolescenti romani di inizio millennio in Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano Principessa. Nella sessualità odierna delle piattaforme online io non vedo orrore, la prendo come una fotografia del presente da accettare così com’è, non mi interessa addossare responsabilità a questi giovani, le avranno più in là ma non adesso». In questa frenetica ricerca dell’altro attraverso messaggini, sigle e promesse di prestazioni sessuali varie di fronte a uno schermo, emerge come questi giovani – «non rabbiosi ma sempre più ansiosi», puntualizza Macrì – abbiano la tendenza a crescere molto presto. «Noi siamo figli di una generazione che ha paura di invecchiare, e anche la nostra si sente eternamente giovane, i famosi quarantenni-cinquantenni Peter Pan. Un tempo essere anziano voleva dire essere il capo del villaggio, la persona con maggiore cultura e esperienza. Ma non c’è più un linguaggio comune, ognuno è troppo incentrato su se stesso per cercare il dialogo, mentre i giovani di oggi sembra che vogliano diventare grandi subito, sono Peter Pan “al contrario”. L’infanzia è sempre una ricchezza, e questa fretta di diventare grandi così come quella di essere sempre giovani nasconde qualcosa. Non voglio dare giudizi, penso però che racconti una società. E qui entra in gioco il nostro tentativo di non fare spettacolo ma di fare teatro».
Con Never Young Biancofango riesce abilmente a lavorare sul confine tra interno e esterno, tra immagini depositate nell’interiorità e questioni sociali, ponendo il teatro come spazio di incontro (o di scontro), un crocevia di forze. Chiediamo a Macrì come si percepiscono nel panorama teatrale oggi, a 18 anni dal loro primo lavoro. «In un momento culturalmente molto difficile come quello in cui viviamo, la differenza la fa come ci si posiziona rispetto a una necessità di fare teatro. Non voglio cedere al pessimismo storico, voglio andare incontro con curiosità alle nuove generazioni che arrivano, come direbbe Agamben, per immaginare nuove visioni, per pensare insieme il futuro. Posto che futuro sia un’espressione ancora corretta e non sia meglio parlare di presente. Come affermava Thomas Bernhard rispetto a Vienna: questo mondo sarà anche il più brutto che possiamo immaginare, ma è anche il migliore che abbiamo».
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