Berlusconi ri-indagato per strage. Il silenzio del futuro alleato Pd
Verso il voto È la terza volta, in piena campagna elettorale. La solidarietà di Lega e destre, imbarazzo dem, attacca solo M5S. Salvini: Indagarlo per le stragi di mafia è ridicolo, è il solito intervento politico di una parte della magistratura, andrò a salutarlo giovedì al suo comizio a Catania
Verso il voto È la terza volta, in piena campagna elettorale. La solidarietà di Lega e destre, imbarazzo dem, attacca solo M5S. Salvini: Indagarlo per le stragi di mafia è ridicolo, è il solito intervento politico di una parte della magistratura, andrò a salutarlo giovedì al suo comizio a Catania
Come se una macchina del tempo avesse riportato la politica italiana nel passato Berlusconi, in testa nei sondaggi sia per il voto siciliano di domenica che per quello nazionale di marzo, finisce indagato per la terza volta per le stragi del 1993, dopo due archiviazioni. E stavolta non si tratta neppure più, come nelle precedenti, di concorso: il sospetto è addirittura che fosse il mandante delle mattanze.
MOMENTO PEGGIORE la procura di Firenze non poteva scegliere. L’intercettazione, peraltro confusa, nella quale il boss Graviano sembra indicare l’ex Cavaliere come puparo delle stragi («Berlusconi mi ha chiesto questa cortesia, per questo c’è stata l’urgenza») è nota da oltre un anno ed è impossibile che la vicenda si concluda con un rinvio a giudizio o con l’ennesima archiviazione prima delle elezioni. Così, fondata o meno che sia, la sensazione di una giustizia a orologeria sarà inevitabile.
IN EFFETTI LA PRIMA conseguenza del colpo a sorpresa partito da Firenze è stato il riavvicinamento fra le tre anime del centrodestra. Sino all’altroieri la competizione tra Fi e Lega, in Sicilia, era tanto marcata che Berlusconi e Salvini dovevano tenere comizi in piazze separate. «Indagare Berlusconi per le stragi di mafia è ridicolo. È il solito intervento politico di una parte della magistratura. Andrò a salutarlo giovedì al suo comizio a Catania», dice ora Salvini. Anche Giorgia Meloni si associa: «Un’altra campagna elettorale, un’altra indagine. Solidarietà al presidente di Fi». Giovedì anche lei dovrebbe arrivare a Catania per un vertice della destra riunificata.
MA NON SI TRATTA SOLO dei tre partiti che già formano la coalizione. Da Quagliariello a Sacconi, da Lupi a Fitto, denunciano le trame della magistratura e abbracciano l’indagato anche innumerevoli centristi. Se serviva un ponte per completare il riavvicinamento a Fi, l’inchiesta fiorentina sembra fatta apposta. Certo non tutti i centristi che si stringono all’ex Cavaliere mirano al rientro all’ovile di Arcore, ma non è un mistero che al Senato di fronte alla porta del presidente dei senatori azzurri Romani ci sia la fila.
IL PD È CONSAPEVOLE del rischio di un micidiale boomerang, senza contare il progetto di alleanza di governo dopo le elezioni con il sospetto mandante di qualche eccidio che impedirebbe comunque di alzare i toni. Quelli del Nazareno sono in effetti bassissimi. Sussurri. Nessun leader azzarda commenti e il solo a dire qualcosa è il deputato ex Pdl oggi nel Pd Gianfranco Librandi, che si trincera nell’ovvio: massimo garantismo, massima fiducia nella magistratura. E meno se ne parla meglio è.
TUTT’ALTRA MUSICA sotto il cielo a cinque stelle, dove viene colta l’occasione per sparare di nuovo su Salvini che «bacia le mani a Berlusconi e Dell’Utri». La crescente durezza degli attacchi dei 5S al Carroccio sembra escludere la possibilità di un’alleanza post-elezioni, contrapposta a quella tra il Pd e Fi. La realtà è meno lineare. Il fuoco di sbarramento contro la Lega rivela la consapevolezza nei 5S che le due forze pescano in un elettorato affine e spesso identico. La competizione a muso duro è quindi nell’ordine delle cose fino alla chiusura delle urne nella prossima primavera. Poi però proprio la vicinanza tra i rispettivi elettorati agevolerebbe l’intesa. Del resto, non a caso, la principale critica che il Movimento di Grillo muove a quello guidato da Salvini è il rapporto con Berlusconi, qualcosa che riguarda le alleanze, non l’identità leghista.
LE NOTIZIE IN ARRIVO da Firenze sono dunque, almeno per ora, meno brutte di quel che sembra per Berlusconi, che non dispera affatto di riceverne invece ottime dall’Europa. «Il candidato è Berlusconi e confido che la sentenza di Strasburgo arriverà in tempo, prima che si formi un governo», dichiara Tajani.
PAROLE IN LIBERTÀ? Fino a un certo punto, e non solo perché a pronunciarle è il presidente del Parlamento europeo proveniente dallo stesso Ppe di Angela Merkel, la cui influenza sulla Corte è indiscutibile. Non c’è solo questo. La Corte riceverà l’incartamento il 22 novembre. Di solito per la sentenza ci vogliono sei mesi, ma in questo caso la richiesta di accelerare non sarebbe peregrina. Non si farà in tempo per le elezioni, problema che l’ex Cavaliere risolverà mettendo il nome sul simbolo non potendolo fare nella lista. Poi, se la destra vincesse con Fi primo partito, si dovrebbe attendere poco per una sentenza che potrebbe schiudere a Berlusconi le porte di palazzo Chigi per la quarta volta.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento