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Berlusconi incassa il no e si ripara dietro le larghe intese

Berlusconi incassa il no e si ripara dietro le larghe intese – Reuters

In carica Il Cavaliere appeso alla legislatura e al governo. A camere sciolte infatti rischia di rimanere fuori dal parlamento per sempre

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 20 giugno 2013

E adesso? Se lo chiedono tutti, a partire dal Pd, e sin qui nulla di strano. Però se lo chiede anche il Pdl, e la cosa è già molto meno normale. Da settimane generalissimi e alti ufficiali di Arcore non pensano ad altro che a questa sentenza, quella che porta Silvio Berlusconi a un passo dall’ultimo atto. Da giorni registrano segnali sconfortanti, ora confermati dalla decisione della Consulta che respinge il ricorso e lo fa con formula piena, senza quelle mezze parole che avrebbero permesso agli avvocati dell’imputatissimo di porre almeno una piccola ipoteca sulla sentenza di Cassazione. Quella che, se non annullerà il processo d’appello Mediaset, renderà Silvio Berlusconi ineleggibile. E tuttavia nessuna contromossa è stata preparata, nessuna strategia messa a punto.

Che il partito sia nel caos lo si capisce molte ore prima che la sentenza, sospirata e temuta, venga emessa. Maurizio Gasparri, in mattinata, annuncia sfracelli a venire, pur se rinviati a dopo il verdetto della Cassazione: «Potremmo dimetterci in massa». Mara Carfagna lo rimbecca a stretto giro e dopo un po’ è lo stesso condannato a smentire l’incauto Maurizio, per bocca della fidatissima Gelmini: «Non lascio il campo di battaglia».

Linea di condotta confermata dal comunicato con cui Berlusconi, a sera, commenta la mazzata appena incassata: «Tentano di eliminarmi dalla politica ma vado avanti, confermo leale sostegno al governo». La sentenza va sì «contro il buon senso e contro tutta la precedente giurisprudenza della Corte», però «non avrà alcuna conseguenza sul mio impegno personale a favore del governo». E neppure «su quello del Pdl».
Parole chiarissime e rassicuranti come di più non si può, però anche dovute, obbligate, e quindi meno tranquillizzanti di quanto sembrano. Berlusconi non poteva dire altro. Anche se volesse far saltare il tavolo, mai e poi mai potrebbe permettersi di farlo apertamente per i suoi guai giudiziari. La reazione vera arriverà tra qualche giorno o qualche settimana, e per capire se il gran capo della destra ha scelto davvero una pacata e rassegnata sottomissione alle scelte dell’odiata magistratura bisognerà guardare ai toni con cui commenterà le misure economiche adottate dal governo. Imu e Iva in primo luogo.

Forse però c’è un’ulteriore ragione che consiglia a Silvio Berlusconi di restare in doppio petto tenendo nell’armadio la camicia barricadiera. Ieri, dopo una vorticosa girandola di rinvii, si è infine riunito per la prima volta l’Ufficio di presidenza della Giunta per l’immunità, alla cui guida è stato infine eletto Dario Stefàno di Sel. La seduta dedicata ai ricorsi per le eventuali contestazioni sugli eletti è fissata per il 9 luglio, e il M5S presenterà certamente il suo ricorso sull’ineleggibilità dell’ex premier. Probabilmente, la palla passerà direttamente a una delle due commissioni in cui si divide la giunta, quella che si occupa specificamente degli eletti, presieduta dalla piddina Pezzopane.

Anche se una posizione ufficiale il Pd non l’ha ancora presa, ci sono pochi dubbi sul fatto che si pronuncerà contro il ricorso dei grillini. Sempre che la delegazione in giunta non riservi altre sorprese come quella che all’ultimo secondo bloccò l’elezione del leghista Volpi alla presidenza della giunta, già concordata col Pdl dal capogruppo piddino Zanda. Felice Casson disse no, e con lui altri tre degli otto piddini in giunta. Il rischio è contenuto, ma innegabile, ed è possibile che al momento di stilare la sua nota di ieri Berlusconi avesse ben presente la necessità di non esasperare i toni in vista del voto, che potrebbe metterlo fuori dal Parlamento e dalle competizioni elettorali molto prima della sentenza di Cassazione. Mantenere questo profilo, però, non sarà facile. Il 24 giugno, roba di pochi giorni, arriverà la prima sentenza per il processo Ruby: l’eventuale condanna porterebbe la tensione al suo picco, proprio sulla soglia della decisione sull’ineleggibilità al Senato. Nonostante tutto, che Berlusconi decida di privarsi dello scudo rappresentato dal governo Letta resta improbabile. Ma che da ieri, nel Pdl, si sia aperta una fase di smarrimento, travaglio, tensioni, scontri interni e indecisione permanente è certissimo.

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