Berlusconi cede la mano, il Milan vola a Pechino
Lanterne rossonere Il club meneghino finisce nel portfolio di un gruppo di imprenditori cinesi. Oltre 740 milioni di investimento che copriranno anche i pesanti debiti accumulati nelle ultime stagioni
Lanterne rossonere Il club meneghino finisce nel portfolio di un gruppo di imprenditori cinesi. Oltre 740 milioni di investimento che copriranno anche i pesanti debiti accumulati nelle ultime stagioni
La telenovela rossonera è terminata. Da ieri mattina il Milan di Silvio Berlusconi è finito nel portfolio di una cordata di imprenditori cinesi che comprende anche direttamente il governo di Pechino. Oltre 740 milioni, il costo complessivo dell’investimento e secondo gli accordi sottoscritti nel preliminare siglato ieri dalle parti, almeno 100 andranno versati entro il cosiddetto «closing», la chiusura dell’operazione, previsto per la fine dell’anno. Nel preliminare di vendita è stato inoltre stabilito che circa 340 milioni di euro saranno investiti nel club nei primi tre anni, la garanzia certificata del ritorno della società rossonera a grandi investimenti sul mercato, così come voleva Berlusconi, che cede il suo gioiello a 30 anni esatti dall’acquisizione, dopo ripetuti successi a livello internazionale, con fuoriclasse come Van Basten, Gullit, Shevchenko, Kakà, Ronaldinho, Ronaldo, assieme agli italiani Baresi, Maldini, il meglio del calcio mondiale degli ultimi 20 anni ma anche dopo la pesante crisi dell’ultimo quinquennio, con il club fuori dalle Coppe europee già da due stagioni consecutive.
Ma non è tutto, perché nel piano di cessione rientrano i debiti accumulati dal Milan e che avevano imposto negli ultimi anni una pesante spending review con tagli dei costi, di ingaggi, un fardello pesantissimo di circa 220 milioni garantiti sempre dai cinesi. Insomma, stavolta è fatta, i tifosi milanisti, che avevano assistito basiti a un tragicomico rimbalzo di illazioni, fasulle trattative per l’acquisto del club meneghino, continuano a mostrare soddisfazione sui social network. Anche se non manca chi nutre più di un dubbio sull’esito finale dell’operazione, segnati dal fantomatico preaccordo con Mister B: una sorta di contratto – firmato nel 2014 – che avrebbe portato a una cessione, poi svanita, del Milan entro la fine del 2015.
Supporter rossoneri esausti dal tam tam sulle trattative delle ultime settimane, sino a quest’ultimo colpo di scena, con la società non acquistata dalla cordata rappresentata dai manager Gancikoff e Galatioto – fuori dall’operazione – e neppure dal gruppo Fosun sostenuto da Jorge Mendes, il procuratore più potente del sistema calcio ma da un nuovo gruppo orientale con a capo il manager Yonghong Li. La società almeno per questa stagione sarà ancora costretta a muoversi con difficoltà sul mercato, con poca liquidità finanziaria. A salvare la prossima stagione da un anticipato fallimento, ancora fuori dall’Europa, potrebbe essere però o un anticipo di Berlusconi a consentire un minimo di agibilità finanziaria, oppure saranno acquistati calciatori con la garanzia del pagamento dei cinesi.
Di sicuro con il passaggio delle due società milanesi a gruppi di proprietà cinese si completa il vorticoso cambio di proprietà ai vertici dei club del calcio italiano, avvenuto in ritardo rispetto al resto d’Europa, con grandi multinazionali che investono nel pallone, ripulendo bilanci incerottati, con le casse vuote e poche prospettive per il futuro. Prima l’Inter a Suning (su cui anche ieri garantiva l’ex presidente Massimo Moratti) dopo l’interregno con il trader Thohir, ora i rossoneri, con un progetto a brevissimo termine per tornare al top in Europa, qualche anno fa la Roma finita allo statunitense James Pallotta, e nel breve periodo anche il Palermo, che tra qualche settimana potrebbe finire in mani orientali, ancora cinesi, con le istituzioni siciliane che hanno contribuito alla fine dell’era Maurizio Zamparini.
Insomma, il quadro è cambiato, la figura del patron solo al comando pare arrivata al tramonto, l’assetto del potere calcistico nei prossimi anni vedrà in campo la Juventus che si autofinanzia ma che può sempre tutelarsi con gli aumenti di capitale con firma Fiat, le due milanesi convertire al profumo dei soldi da Oriente, la Roma americana. Fuori da questo percorso per ora il Napoli di Aurelio De Laurentiis, la Fiorentina della famiglia Della Valle e la Lazio di Lotito. Tutti club in attesa di nuovi investitori.
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