Politica

Berlusconi azzera Alfano

Berlusconi azzera AlfanoSilvio Berlusconi – Luigi Mistrulli - Sintesi visiva

Torna Forza Italia Pdl «sospeso» in attesa dello scontro finale. Il cavaliere avvia il passaggio alla sua vecchia creatura e toglie la segreteria al vicepremier. Scontro frontale con le colombe, che però non hanno i numeri. Conta finale l’8 dicembre

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 26 ottobre 2013

La battaglia finale è iniziata. Salvo sorprese si concluderà con una scissione del Pdl. Non è detto però che tra quelli che si separeranno dal capo e fondatore ci sia anche il loro capo e massimo rappresentante, Angelino Alfano. Ieri l’Ufficio di presidenza (senza le colombe) ha «sospeso le attività» del Pdl e azzerato le cariche. La decisione finale spetterà al Consiglio nazionale, convocato per l’8 dicembre, in contemporanea con le primarie del Pd.

Il vicepremier, con tutta la delegazione governativa al seguito, ha cercato fino all’ultimo di convincere Berlusconi a rinviare la riunione dell’ufficio di presidenza convocata ieri per le 17 con all’odg l’avvio del passaggio dal Pdl a Forza Italia. I «governisti» intendevano raccogliere in calce a un loro documento, che Alfano avrebbe poi dovuto presentare a Berlusconi, le firme necessarie per dimostrare che al Consiglio nazionale del Pdl non ci sarebbe stata la maggioranza dei due terzi necessaria per modificare radicalmente il partito. Non ce l’hanno fatta e inutili sono stati anche i tentativi di Alfano .

«Ho già perso la faccia il 2 ottobre quando non avete votato la sfiducia. Non intendo farlo di nuovo», avrebbe spiegato Berlusconi. Indorando però subito dopo la pillola: «Non voglio fare niente contro di te, Angelino». Promesse troppo aleatorie per chi sa di essere al primo posto nella lista nera dei falchi che, con l’azzeramento delle cariche e il passaggio a Forza Italia, prenderanno di fatto in mano le redini del partito.

Quindi Alfano e i ministri hanno deciso di disertare una riunione nella quale, data la sproporzione massiccia dei numeri a favore dei falchi, i giochi erano già fatti. «È il mio modo di contribuire all’unità del partito, che mai ostacolerò per ragioni attinenti al mio ruolo personale. Il tempo che ci separa dal Consiglio nazionale consentirà a Berlusconi di lavorare per ottenere l’unità del movimento». Parole molto diplomatiche e un po’ melliflue, in cui la minaccia è peraltro esplicita. Sta al capo mettere le cose in modo tale da evitare una scissione.

Berlusconi ha raccolto in minima parte l’invito a non chiudere definitivamente le porte. Al termine della riunione ha confermato la fiducia in Alfano, al quale si è detto legato da «stima, affetto e amicizia». Ha assicurato che, nonostante il dissenso, potrà ancora essere il suo successore. Ha quasi giustificato la scelta dei senatori di votare la fiducia spiegandola con la paura di andare al voto (e perdere il posto). Ha minimizzato la defezione delle colombe dalla riunione. Però di fatto ha azzerato le cariche, togliendo la segreteria ad Alfano e assumendo tutto il potere in prima persona. Il passo che le colombe intendevano a ogni costo evitare.

La scissione si profila dunque sempre più come inevitabile, e a questo punto è davvero a un soffio. La mano finale si giocherà nel Consiglio nazionale, perché questo recita lo statuto del Pdl e per la prima volta, a vent’anni dalla sua nascita, il partito berlusconiano deve incontrarsi, o scontrarsi, con le pratiche della politica: congressi, mozioni contrapposte, voti, lavorìo per assicurarsi la maggioranza. Ma in quella sede i duri dovrebbero poter contare su una maggioranza certa (anche perché immaginare che la maggior parte del consiglio si schieri contro il capo e fondatore non è facile). E di arrivare a una mediazione con i nemici non hanno alcuna intenzione. Berlusconi ancora media. Per loro invece la parola d’ordine è «niente prigionieri».

Nella breve riunione dell’ufficio di presidenza Berlusconi è andato giù secco sul passaggio a Forza Italia, ma ha anche escluso colpi di mano contro il governo. La nota ufficiale, in effetti, conferma sì il sostegno a Letta, però «nel rispetto degli impegni programmatici assunti al momento dell’insediamento». Un giro di parole per ribadire che nuove tasse, in particolare sulla casa, comporterebbero il passaggio della nascente Forza Italia all’opposizione e di conseguenza la scissione.

Il passaggio più minaccioso è però quello in cui viene definita «inaccettabile» l’espulsione di Berlusconi dal Parlamento. Se a quel voto si arriverà prima dell’8 dicembre, sarà quello il casus belli finale. L’area di Comunione e Liberazione, che di fatto lavora da tempo a un progetto alternativo a quello di Forza Italia, ha già ribadito, con Lupi e Formigoni, che alla decadenza non conseguirà la sfiducia. I falchi, ieri, hanno assunto la linea opposta. Alfano sta in mezzo. Per ora, nonostante tutto, Berlusconi lascia le porte aperte al figliol prodigo. Ma se in quel voto si schiererà contro di lui, se resterà alleato dei «carnefici» quelle porte si chiuderanno per sempre. Di qui a quel momento, o se il voto slitterà ancora di qui all’8 dicembre, Alfano ha tempo per scegliere da che parte stare.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento