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Bergoglio incontra il presidente imprenditore

Bergoglio incontra il presidente imprenditoreIl presidente argentino Macri – Lapresse

Argentina Il nuovo governo attua in senso inverso l’indirizzo delle 3T - tierra techo y trabajo - predicato da Bergoglio

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 27 febbraio 2016

Dopo gli oltre 20.000 licenziamenti di impiegati statali, mandati a casa in tutto il paese, l’imprenditore-presidente Mauricio Macri ora ha messo gli occhi su altri 24-25.000 contratti del settore pubblico argentino: lavoratori dei ministeri, sotto contratto da tre anni che, nelle parole del ministro di Modernizacion, Andrés Ibarra, «non svolgano una funzione specifica o siano stati assunti per una ’militanza’, finanziata con denaro pubblico».

Gli impiegati statali sono sul piede di guerra e annunciano uno sciopero generale, ma sulle mobilitazioni incombe l’ombra della repressione e ai giornalisti sono state imposte grandi limitazioni alla libertà di documentare le manifestazioni. Le nuove norme decise dalla ministra per la sicurezza, Patricia Bullrich, lasciano ampio spazio alla polizia, non proibiscono l’uso delle armi da fuoco e tanto meno quello dei proiettili di gomma, di cui i lavoratori hanno già fatto esperienza. Sabato, Macri sarà ricevuto da papa Bergoglio, a cui in molti si sono rivolti per chiedergli almeno una parola forte contro il presidente argentino: che procede in senso inverso all’indirizzo delle 3T – tierra techo y trabajo – predicato dal papa. E a marzo arriverà Obama in Argentina: durante i giorni di commemorazione del colpo di stato militare di Videla e soci che, dal 24 marzo 1976 al 1983, provocò oltre 30.000 desaparecidos e sottrasse alle famiglie circa 500 bambini.

A nome delle storiche Madres de la Plaza de Mayo, Ebe de Bonafini – in prima fila contro le politiche macriste – ha rifiutato la visita del presidente Usa, considerando un insulto che egli intenda recarsi nei luoghi della repressione, foraggiata allora da Washington. Una visita – dicono le Madres – che serve ad avallare le politiche neoliberiste di Macri, che stanno spazzando via gli anni del progressismo kirchnerista. Intanto, è rientrata in Argentina la spia Antonio Stiuso, accusato di aver torturato dei testimoni dell’inchiesta Amia, quella sul micidiale attentato alla Mutua israelitica che, nel ’94, tolse la vita a 85 persone. Un’inchiesta ancora senza colpevoli, costellata di depistaggi, che hanno definito i contorni di un intrigo internazionale. La testimonianza di Stiuso è considerata determinante per chiarire le circostanze del suicidio del procuratore Alberto Nisman, trovato morto nella sua casa in circostanze ancora da chiarire, e su cui Stiuso aveva una cupa influenza.

Ma un altro passo determinante compiuto da Macri preoccupa la sinistra argentina: quello a favore dei fondi avvoltoio. Come aveva promesso in campagna elettorale, il presidente ha accolto gran parte delle pretese dei fondi speculativi: quelli che non hanno accettato la ristrutturazione del debito, proposto dai governi Kirchner dopo il default del 2001, e che si sono rivolti ai tribunali.

Tra il 2011 e il 2012, i fondi avvoltoio – composti da diversi creditori stranieri fra cui grandi firme specializzate nello speculare sul fallimento economico di alcuni stati del sud – hanno reclamato il pagamento del debito per 1, 3 miliardi di dollari più gli interessi. La loro richiesta è stata accolta dal giudice Thomas Griesa, contro la cui decisione Cristina Kirchner ha fatto appello, chiedendo una nuova ristrutturazione del debito: se, infatti, tutti i creditori avessero chiesto di essere risarciti al 100%, il paese sarebbe nuovamente andato in bancarotta. Nel 2104, Griesa ha però scelto il pugno di ferro, congelando il pagamento di una rata di 700 milioni di dollari, destinata ai creditori che avevano accettato di negoziare e minacciando il «default tecnico». Con l’arrivo di Macri, però, il giudice si è sentito a suo agio, e ha sostenuto di essere disposto ad allontanare lo spettro del default tecnico, che aveva dichiarato dando un ultimatum al governo precedente. La condizione è però che si paghino gli avvoltoi entro il 29 febbraio del 2016. E, soprattutto, che vengano per questo eliminati gli ostacoli legislativi messi a tutela dell’economia argentina dal governo Kirchner.

Nel disegno di Macri – celebrato dalla grande stampa internazionale – l’Argentina dovrà tornare a indebitarsi per una cifra equivalente alla metà delle sue riserve internazionali: per circa 20.000 milioni di dollari, ha detto il ministro delle Finanze, Alfonso Prat-Gay. Pagare il debito costerà al paese «un enorme sforzo», ha promesso Macri: intanto gas e luce aumenteranno dal 40 al 300%.

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