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Bergamo città della scienza

Bergamo città della scienzaLaboratorio (foto Francesco Moro)

Si inaugura oggi Bergamoscienza (6-21 ottobre) per un sapere accessibile L’autunno è tornato, la scuola è ripresa da un po’, e per migliaia di studenti i problemi di matematica sono tornati di attualità. O meglio: i problemi con la matematica, […]

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 6 ottobre 2018

L’autunno è tornato, la scuola è ripresa da un po’, e per migliaia di studenti i problemi di matematica sono tornati di attualità. O meglio: i problemi con la matematica, vissuta come scoglio insormontabile, ciclopica fonte di ansia, inutile vessazione. Come dar loro torto? L’esperienza scolastica di ognuno di noi è stata costellata di quesiti vessatori e slegati dalla realtà. «La mamma dà a Pierino 10 euro per la spesa. Pierino compra quanto richiesto e torna a casa con un resto di 4 euro. Quanto ha speso Pierino?». Direte: «Ma questo è un normalissimo problema matematico!». Certamente, e il guaio sta proprio qui: nell’aggettivo «matematico» che sentiamo il bisogno di affiancare al più generale termine «problema».
Già, perché come «problema» la situazione descritta sopra è davvero poco credibile: che la mamma guardi lo scontrino! E se quello sbadato di Pierino l’avesse smarrito? Anche in questo caso il quadro appare troppo roseo per dirsi problematico: le informazioni necessarie sono tutte lì, nero su bianco, la soluzione corretta è chiaramente una sola… Davvero, vi trovaste in circostanze simili, riterreste di avere un «problema»?
Qualcosa però sta cambiando nella percezione pubblica della matematica e nella sua didattica. Sempre più esposizioni, libri, film, giochi mettono al centro il lato creativo, se non ricreativo, della disciplina, e — spesso mostrandone le traversie storiche — ne mostrano l’anima più flessibile e umana, lontanissima da quel detto mai così inesatto: «la matematica non è un’opinione». Dall’altro lato, un numero crescente di insegnanti di ogni ordine scolastico focalizzano le loro lezioni sulla componente attiva, dando spazio a un problem-solving più stimolante, aperto al confronto e alla cooperazione tra alunni, a strategie risolutive molteplici nonché a un ricco lavoro di ricerca di informazioni, costruzione di argomentazioni e produzione di convalide anche attraverso i nuovi media.
Fondamentale per la riuscita di questi approcci didattici è la pratica del laboratorio matematico. Sperimentato fin dagli anni Cinquanta da antesignani come Emma Castelnuovo, dal 2010 è al centro delle Indicazioni Nazionali dalla scuola primaria alla secondaria superiore. Se tutti però sappiamo visualizzare facilmente laboratori di fisica, chimica o biologia, immaginare un laboratorio di matematica — disciplina spesso vista come astratta, strettamente deduttiva e slegata dalla pratica sperimentale — può dare qualche grattacapo in più. Di che cosa si tratta, dunque?
Nelle parole scelte dall’Unione Matematica Italiana per il documento “Matematica 2003”, leggiamo: “Il laboratorio di matematica non è un luogo fisico diverso dalla classe, è piuttosto un insieme strutturato di attività volte alla costruzione di significato degli oggetti matematici. L’ambiente del laboratorio di matematica è in qualche modo assimilabile a quello della bottega rinascimentale, nella quale gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, comunicando fra loro e con gli esperti”. Un diverso modo, insomma, di vivere l’ora di matematica, “sporcandosi le mani” con materiali e idee ed esplorando in modo libero il panorama matematico a partire da uno o più quesiti accattivanti.
Se il laboratorio matematico propone una reinvenzione del ruolo dello studente, al tempo stesso anche l’insegnante rimette in gioco la sua funzione. Da primo attore e unico dispensatore di conoscenza, si trasforma infatti in regista delle situazioni proposte, attento osservatore delle dinamiche di gruppo, solleticatore di dubbi e — nell’importantissima fase di discussione finale — mediatore e valorizzatore delle diverse strategie emerse, dalle quali con accorta opera di tessitura saprà far emergere concetti condivisi.
“Più che un insegnante servirebbe un supereroe!”, qualcuno potrà obiettare. Ma da qualche anno molteplici iniziative e figure professionali stanno sviluppandosi proprio per supportare i docenti nell’implementazione di attività laboratoriali. I torinesi di Taxi1729 hanno girato l’Italia coi loro laboratori di sensibilizzazione ai rischi del gioco d’azzardo, mentre i bolognesi di ForMATH e i milanesi di Curvilinea si sono fatti conoscere per la partecipazione a manifestazioni scientifiche come BergamoScienza e il Festival della Scienza di Genova, sempre più occasione di incontro tra divulgazione scientifica e didattica scolastica. Si tratta di esperienze innovative, spesso portate avanti da giovani free-lancer che conservano un contatto con la realtà accademica. Indicativi in questo senso sono anche gli esempi dei centri Matematita dell’Università Statale di Milano e MatNet-CQIA di quella di Bergamo, da anni promotori di collaborazioni e interventi nelle scuole del territorio che affiancano fornitura di kit didattici, formazione insegnanti e svolgimento di attività di apprendimento collaborativo nelle classi sotto la guida di tutor.
Le rilevazioni OCSE-PISA, condotte nel 2015 nelle 36 economie di libero mercato più avanzate, pur assegnando agli studenti italiani un tutto sommato confortante sedicesimo posto tra i paesi membri per quanto riguarda le abilità matematiche, segnalano come i risultati mostrino ancora una marcata differenza di genere e performance molto scarse nel problem-solving cooperativo di tipo matematico. Che il potenziamento della didattica laboratoriale, che mette al centro il lavoro di gruppo e smonta i classici modelli della “studentessa diligente” e dell’”alunno svogliato”, sia la chiave che porterà negli anni venturi a colmare questo divario?

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