Era stato annunciato un mercoledì nero per i trasporti in Libano, con blocchi di strade e manifestazioni a Beirut e in altre città contro i rincari della benzina.
Ieri dopo una riunione con il primo ministro Najib Mikati e i titolari dei dicasteri dell’Interno e del Lavoro, Bassam Tleiss (in quota Amal), segretario della Federazione libanese dei Sindacati degli Autisti delle auto pubbliche e dei Servizi di Trasporto, sigla egemone del settore, ha annunciato la sospensione dello sciopero per dare tempo all’esecutivo di presentare un piano per sostenere il settore.

IL GOVERNO ha un mese di tempo per soddisfare le richieste dei lavoratori: contributi per il mantenimento dei veicoli e sussidi per il carburante per gli autisti dei service, il mezzo di trasporto più utilizzato dai libanesi. Il caro benzina tocca anche le tasche degli utenti: il costo di una corsa è passato nel giro di una settimana da 20mila a 25/30mila lire. Lo scorso luglio era di quasi 10mila lire. Colpa del costante aumento del prezzo della benzina causato dalla decisione della Banca centrale di tagliare i sussidi per l’acquisto di carburante.

LA MOBILITAZIONE degli autisti di service e taxi va avanti da settimane. L’11 ottobre scorso si sono riuniti in sit-in davanti al ministero dell’Interno e lunedì scorso hanno bloccato a singhiozzo uno degli snodi (il Ring) principali della capitale libanese. «La situazione è insostenibile – ha spiegato al manifesto il tassista Ali – Lavoriamo ogni giorno per ore e tutto quello che guadagniamo lo spendiamo in benzina (305mila lire per 20 litri), e non è certo l’unica spesa che abbiamo: ci sono il cibo, la scuola per i bambini, le medicine, la manutenzione della macchina. Il governo deve fermare questi continui rincari o non so che fine faremo».
Inoltre, i manifestanti lamentano anche la concorrenza nel settore delle due applicazioni Uber e Bolt, utilizzate con molta più frequenza rispetto a due anni fa quando la crisi ha iniziato a strangolare il Libano.

NEL MIRINO DEGLI AUTISTI c’è soprattutto la più economica Bolt, diventata un secondo lavoro per centinaia di libanesi, anche militari, poliziotti, dipendenti pubblici, ma utilizzata anche da tanti tassisti, dopo che la crisi ha messo in ginocchio tutti i settori dell’economia e ha allargato ancora di più la forbice sociale.
Therese, insegnante con due figli, alle 18.30 inizia il suo giro con Bolt: due o tre ore per incrementare uno stipendio in lire libanesi che equivale a meno di 200 dollari, a fronte di un carovita che ha ridotto il potere di acquisto dei libanesi che percepiscono lo stipendio in lire di circa il 90 per cento. Il dollaro, formalmente agganciato alla lira a un tasso di cambio di 1.507 lire, oggi al mercato nero, a cui i libanesi fanno riferimento, viene scambiato a 20.400 lire. Lunedì i manifestanti chiedevano conto delle tante promesse fatte dal governo negli ultimi mesi.

GLI È STATO CHIESTO di aspettare un altro mese. Tra i tassisti c’è però chi non avrebbe comunque preso parte allo sciopero: «Il sindacato è nelle mani di Amal (partito sciita), non mi riconosco in loro e comunque sono tutti corrotti», ha detto un tassista e anche autista di Bolt. La crisi sta allargando anche le faglie del settarismo che rischia di scuotere di nuovo il Libano.
Le tensioni delle ultime settimane tra cristiani e sciiti riportano le lancette indietro agli anni della guerra civile e certamente danno il polso di una situazione insostenibile.