Bennet e la routine della trasgressione
A teatro Dal testo del drammaturgo britannico «Nudi e crudi», adattato per le scene da Edoardo Erba con Amelia Monti e Paolo Calabresi, fino a domenica all'Ambra Jovinelli di Roma
A teatro Dal testo del drammaturgo britannico «Nudi e crudi», adattato per le scene da Edoardo Erba con Amelia Monti e Paolo Calabresi, fino a domenica all'Ambra Jovinelli di Roma
Per i signori Ransome, tipica coppia british middle class, non sarà una serata come le altre. Il ritorno a casa, dopo un vaporoso Così fan tutte che ben presto assumerà tonalità dongiovannesche, è una brutta sorpresa. La casa è vuota. Peggio, un deserto. Tabula rasa. Più che un furto è un saccheggio. Nulla è rimasto. Passi per l’impianto stereo ma la carta igienica! «Ci hanno rapinati» dice lei, sguardo incredulo vagamente Mary Poppins, disarmante creatura, andatura leggera e tanti sogni nel cassetto da casalinga modesta che aspettano il via.
«Svaligiati» la corregge lui, professione avvocato, si direbbe arido e pedante, conformista fino al midollo, non fosse per la fissa per Mozart e per quello spaesamento da Monsieur Hulot, però caparbiamente logorroico. «Si rapinano le banche, le case si svaligiano». E se fosse un trasloco? Meglio un naufragio? Riusciranno i nostri eroi, piccoli borghesi convenzionali, a salire sull’ultima scialuppa?
Sul palcoscenico spoglio, nello spettacolo diretto da Serena Sinigaglia, Nudi e crudi, titolo italiano del romanzo breve di Alan Bennet The Clothes They Stood Up In (Adelphi, 2001) (uno spettacolo in tour, fino a domani all’Ambra Jovinelli di Roma), adattato per le scene da Edoardo Erba, pendono funi, come liane di un anonimo paradiso domestico ormai perduto. Gomene a cui attaccarsi nel tentativo di riemergere o piuttosto corde a cui impiccarsi?
Ma siccome siamo a teatro quei pendagli non possono non essere anche i «tiri» del cambiamento, sipari quinte fondali, artifici meccanici di una nuova prospettiva: l’involucro rosa diventa un grumo nerastro, la farsa da tinello un vuoto esistenziale, lo spassoso rosario degli equivoci un thriller inquietante, il tepore del caminetto uno sliding doors, l’imprevisto affonda nell’onirico, la routine nella trasgressione, la beffa nell’allucinazione, mentre si affacciano Ionesco e Beckett in vista di un assurdo e crudelissimo finale di partita, fra ansimi e sospiri ai confini del porno, incorniciato nella leggiadra, carezzevole smemoratezza di un teatrino barocco.
Bennett conosce come pochi il mestiere di scrivere, rapido, arguto, guizzante e accattivante (La sovrana lettrice, La pazzia di Re Giorgio, The History Boys, Il vizio dell’arte). Non è da meno Erba, tempi perfetti e ritmo travolgente. Senza un attimo di tregua, travolti da un insolito destino, Mr e Mrs Ransome sono Paolo Calabresi («iena» addolcita, come nell’ultimo film di Tornatore, La corrispondenza) e Maria Amelia Monti, che avevamo lasciato, altrettanto brillante, sulla Scena di Cristina Comencini al fianco di Angela Finocchiaro.
Senza dimenticare Nicola Sorrenti, surreale fool impegnato a svolgere gli altri personaggi del racconto, che fa da elastico in gruppo e da puntina sul microsolco.
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