Cultura

Belle e ferocissime addormentate

Belle e ferocissime addormentateUn’opera di Juliette Clovis

HORROR «Sleeping Beauties» di Stephen e Owen King, edito da Sperling & Kupfer. Una favola dark che si svolge a Dooling, in Virginia, teatro di violenze e storie di un carcere femminile. La relazione tra i sessi rappresentata da entrambi i lati ma con più attenzione a quello maschile

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 11 gennaio 2018

Chiusa nella sua teca di cristallo, aspettando che il primo «bacio d’amore» la risvegliasse da un sonno simile alla morte, la principessa Aurora di Walt Disney era bellissima. Non si può dire altrettanto delle donne che si addormentano una dopo l’altra in tutto il pianeta nel corso dell’epidemia che, proprio in omaggio al cartoon del 1959, viene battezzata «Aurora». Appena chiudono gli occhi si ricoprono di una disgustosa sostanza simile a peluria, che le avvolge e le imbozzola. Provare a svegliarle raschiando l’immonda sostanza è sconsigliabile: le dormienti si trasformano in belve feroci.

Conviene aspettare e pregare che le donne della Terra un giorno si sveglino, prima che la specie umana si estingua. Sleeping Beauties (Sperling & Kupfer, pp. 672, euro 18, traduzione di Giovanni Arduino) sembrerebbe scritto apposta per sfruttare l’onda della tempesta Weinstein, se non fosse che la famiglia reale dell’horror, rappresentata qui da Stephen King, fondatore della stirpe, e dal figlio minore Owen, aveva anticipato di mesi il ciclone #metoo.
A modo suo il romanzo dei due King è una favola in tinta fortemente dark, ma è soprattutto una compiuta e rigorosa riflessione sul rapporto tra i sessi nell’America del XXI secolo. Ci sono i maltrattamenti e le molestie, tanto più che il romanzo è ambientato in una piccola città della Virginia dotata di carcere femminile e le storie delle detenute sono costellate dalla brutalità maschile, ma c’è anche quel sottile paternalismo che è la forma contemporanea del sessismo comme il faut, quello che s’indossa nelle fasce sociali dove la bruta violenza di genere non è più di casa.

LE DONNE sono un tema ricorrente nella narrativa del maestro del Maine, arrivato al successo, 44 anni fa, proprio svelando il potenziale di rabbia distruttiva di una ragazzina perseguitata dalla madre maniaca religiosa e dalla ferocia dei coetanei, Carrie White. King aveva ripreso il tema, con ben altra profondità, anni dopo, in due dei suoi migliori romanzi non horror: Il gioco di Gerald e soprattutto Dolores Claiborne. In entrambi King aveva dimostrato che non c’è bisogno di far ricorso al sovrannaturale per descrivere l’orrore quotidiano di alcune vite: basta un bucato da stendere nel gelo di un’alba del New England. Subito dopo, in Rose Madder, aveva preso di petto la violenza domestica, dimostrando anche in quel caso che nessuna fantasia oscura può essere tanto mostruosa quanto la realtà.
In Sleeping Beauties, però, Stephen e Owen King vanno molto oltre la classica denuncia. Stavolta non partono dal punto di vista delle donne ma affrontano la relazione tra i sessi in questo specifico momento storico da entrambi i lati, e forse con più attenzione a quello maschile. Sanno che tra gli uomini e le donne la differenza fondamentale è che le seconde potrebbero proseguire e ricostruire il mondo anche senza i maschi, mentre per questi ultimi l’assenza delle donne equivarrebbe a un biglietto senza ritorno per l’estinzione.

NELLA CITTÀ della Virginia che viene scelta dalla bellissima strega Evie Black e dalle forze mai nominate che la guidano come microcosmo nel quale mettere in palio le sorti del mondo, le femmine sono sin dall’inizio il polo forte, mentre i maschi difendono con diverse gradazioni di forza posticcia la sostanziale coscienza della loro debolezza. Alla fine saranno le «belle addormentate» di Dooling a dover scegliere per tutte le donne del mondo tra il ricominciare da dove si trovavano al momento di chiudere gli occhi o il ripartire da zero, in un mondo guidato dalle donne nel quale anche i figli maschi saranno diversi perché educati da subito a vivere in una dimensione diversa.

Ma per quanto gli autori scandaglino il pozzo del loro inconscio alla ricerca dello stesso lato femminile che aveva permesso a James Cain (apertamente citato) di trasformarsi in Mildred Pierce, i due King danno il meglio quando descrivono le reazioni dei maschi di fronte all’affermarsi della forza femminile e poi alla potenziale scomparsa delle donne dalla loro vita. In particolare quelle dei due principali personaggi maschili, lo psichiatra del carcere, marito dello sceriffo locale, e una guardia della protezione animali la cui protettività nei confronti di animali, bambini e donne degenera spesso in crisi di violenza incontrollate.
Clinton Norcross, lo psichiatra razionale che ha alle spalle un passato di pugni e violenze nell’orfanatrofio in cui è cresciuto, e Frank Geary, il «family-man» nero che pur animato dalle migliori intenzioni non sa tenere a freno la rabbia, sono il vero cuore del romanzo.

METTONO IN SCENA il dramma dei maschi alle prese con un femminile che minaccia il loro precario equilibrio perché apre uno squarcio sulla loro fragilità, della quale non vogliono rendersi consapevoli.
L’esito della sfida tra i due archetipi maschili, molto più simili tra loro di quanto non amerebbero ammettere, è una metà del puzzle che deve essere risolto per decidere la sorte del genere umano. L’altra metà è affidata alla scelta di donne ormai consapevoli non solo di per fare a meno dei maschi ma di poter vivere meglio senza l’altra metà del cielo. Stephen e Owen si misurano qui con una fantasia che è presente almeno sin dagli anni ’70, quella di una civiltà alternativa totalmente matriarcale.

A PRIMA VISTA lo stile della coppia di scrittori non differisce da quello di re Stefano, anche se ricorda il taglio dei primi romanzi, la produzione degli anni ’70, più che quello del King degli ultimi decenni. In realtà è invece massiccio il contributo di Owen, 41 anni nel prossimo febbraio, figlio oltre che di Stephen della scrittrice Tabitha Spruce, fratello dello scrittore di gran successo (citato in Sleeping Beauties) Joe Hill, marito della scrittrice Kelly Braffet, lui stesso autore di una ottima raccolta di racconti, Siamo tutti nella stessa barca, e di un romanzo, Doppio spettacolo, entrambi pubblicati anche in Italia rispettivamente da Frassinelli e Satisfiction.
A differenza dei romanzi di Stephen King, Sleeping Beauties, ricchissimo di trovate e spunti, gioca infatti a spiazzare e quasi a confondere chi legge, passando repentinamente da un registro all’altro. Inizia come una storia carceraria al femminile, un po’ Orange is the New Black, con la sua brava dose di vessazioni e molestie sessuali da parte di una guardia particolarmente turpe.

PROSEGUE inoltrandosi in uno dei temi ricorrenti del primo King, l’epidemia, ma sterza poi verso territori new age che Stephen aveva già esplorato, con risultati meno brillanti, negli anni ’90. La dimensione alternative in cui si risvegliano le belle addormentate ricorda quelle che coesistono nel mastodontico ciclo della «Torre nera». Ma il dilemma che da un lato e dall’altro della porta che unisce i due mondi, diventati «il posto delle donne» e quello dei maschi, non è più quello, a modo suo lineare e semplice, tra ordine e caos oppure, come nell’Ombra dello Scorpione, tra bene e male. È la scelta tra due modelli di universi umani opposti, e anche dopo aver deciso per tutte le donne del mondo, le abitanti di Dooling non potranno mai essere sicure di aver fatto la scelta giusta.

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