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Bela Ciao

Bela CiaoMatarella davanti alla Tomba del Milite Ignoto - Roma, 25 aprile 2020 – LaPresse

Liberazione Un canto di morte gorgheggiato da alcuni attori diventa il simbolo di un 25 aprile celebrato da un vecchio solitario Capo dello Stato, che dovrebbe restare a casa a tempo indeterminato secondo i nostri illuminati regolatori

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 30 aprile 2020

La mia amica Luciana Percovich ha ‘postato’ (come orribilmente si dice) su facebook la versione di ‘Bella ciao’ di Goran Bregovic. È una bellissima versione, allegra e coinvolgente. Davanti a lui una folla di ragazze e ragazzi con le braccia alzate cantano “Bela ciao”, secondo la sua pronuncia. Anche a me verrebbe ora di cantare ‘Bela ciao’, anche se posso solo disperderlo sulle acacie.

Il 25 aprile ha cavalcato questa canzone, una delle canzoni più tristi che conosca: non parla di resistenza e ancor meno di vittoria: parla di morte, di sconfitta, di memoria perduta. Perché proprio questa canzone è diventata all’improvviso il canto della nostra resurrezione? Il perché non lo so, ma so come: grazie alla serie televisiva spagnola di grande successo ‘La casa di carta’.

Perché la Spagna si è riconosciuta in questo canto popolare italiano, diffuso non durante la guerra partigiana ma nel primo dopoguerra e in particolare nel primo Festival della Gioventù Democratica, svolto a Praga nel 1947?

Questa è una delle tante mistificazioni che stiamo subendo in queste terribili settimane in cui viviamo avvolti dalla propaganda e dalla pubblicità, cioè dal virtuale. Un canto di morte gorgheggiato da alcuni attori diventa il simbolo di un 25 aprile celebrato da un vecchio solitario Capo dello Stato, che dovrebbe restare a casa a tempo indeterminato secondo i nostri illuminati regolatori. Il simbolo secondo me è lui: solo in mezzo a corazzieri imbavagliati, sale e scende una scalinata vuota in una piazza deserta.

Questa immagine dice la situazione in cui ci troviamo: solo, tenace, docile come tutti alla grande finzione: perché sarebbero imbavagliati i corazzieri, dritti a 20 metri di distanza l’uno dall’altro? Grazie, Sergio Mattarella, di esserti tolto il bavaglio prima di mettere le mani sul monumento che ricorda la guerra che abbiamo combattuto con la solita volubilità.

Grazie per esserti sottratto per un momento all’assurdo, anche se non arrivi fino a dire le parole che ci farebbero uscire dalla prigionia: la rimodulazione dell’ambiente, l’azione decisa contro i veri focolai d’infezione (guardate che cos’ha fatto Trudeau con le sue Rsa!), la conversione di fabbriche e automobili, l’apertura delle piccole imprese che non danneggiano l‘ambiente. Ora che ti sei tolto il bavaglio, potresti parlare per favore?

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