Bekaert, la multinazionale perlomeno accetta di discutere
Delocalizzazioni Finalmente i vertici del colosso industriale si presentano in Confindustria, alla vigilia dell'odierno incontro al Mise. La Fiom: "Puntiamo almeno agli ammortizzatori sociali e a una reindustrializzazione, ma loro ci devono dare tempo".
Delocalizzazioni Finalmente i vertici del colosso industriale si presentano in Confindustria, alla vigilia dell'odierno incontro al Mise. La Fiom: "Puntiamo almeno agli ammortizzatori sociali e a una reindustrializzazione, ma loro ci devono dare tempo".
Questa volta almeno si sono presentati nella sede locale di Confindustria. E il primo faccia a faccia con il management di Bekaert, la multinazionale belga che il 22 giugno scorso ha annunciato il licenziamento di tutti i 318 addetti, e la chiusura dello stabilimento di Figline Valdarno per delocalizzare la produzione in Slovacchia e Romania, si è concluso lasciando una, pur minima, speranza ai lavoratori. “Da parte di Bekaert – sintetizza Daniele Calosi della Fiom – è stata aperta la possibilità della re-industrializzazione dello stabilimento. La multinazionale peraltro non vuol cedere il sito a dei concorrenti nel settore dello steel-cord, quindi la fabbrica andrebbe riconvertita a nuove produzioni”,
Il secondo passaggio riguarda direttamente i lavoratori, che in caso di chiusura a settembre potrebbero contare soltanto sulla Naspi, l’indennità di disoccupazione che dura due anni per gli over 50, e un anno e mezzo per tutti gli altri. “Il tempo è un fattore strategico – spiega ancora Calosi – ed è necessaria una trattativa senza pistola alla testa. Puntiamo all’attivazione degli ammortizzatori sociali, per questo l’incontro di domani (oggi per i lettori, ndr) al ministero dello Sviluppo economico sarà fondamentale nella gestione e nelle modalità della vertenza”.
Per la multinazionale, che fattura 4,8 miliardi e ha 30mila dipendenti nei suoi siti industriali dislocati ai quattro angoli del pianeta, non si tratterebbe certo di un gran sacrificio. Lo sanno bene gli operai, che dal primo pomeriggio hanno organizzato un presidio nella centrale piazza della Repubblica, proprio davanti al palazzo che ospita l’associazione degli industriali. “Si sono messe d’accordo le due multinazionali – racconta amareggiato Antonio Corona – la Bekaert e la Pirelli, che all’inizio degli anni ’60 aveva costruito lo stabilimento e lo aveva fatto diventare il suo centro di ricerca e sviluppo per gli ‘scheletri’ dei pneumatici. Quando quattro anni fa Pirelli ha ceduto la fabbrica, Bekaert è diventato monopolista dello steel-cord. Mentre Pirelli si è presa i soldi, e ora compra il prodotto da loro.
Con la loro maglietta blu ornata dal logo di Bekaert e lo slogan, oggi surreale, “Better together” (meglio insieme), gli operai hanno un età media di poco inferiore ai 50 anni. “Io lavoro lì dentro da 34 anni – racconta Andrea Peebes – di notte, anche di domenica, e poi all’improvviso in un quarto d’ora ti mandano a casa. Ti danno un calcio nel didietro, chiudono la fabbrica, e a mai più rivederci. Ma che vita è questa?”. Accanto a lui Paolo Casini, che con i suoi 58 anni è uno dei veterani della fabbrica: “Ci avevano affidato il progetto di un nuovo filo d’acciaio per pneumatici, lo abbiamo perfezionato e realizzato, e poi abbiamo anche insegnato a come produrlo negli altri stabilimenti del gruppo. Come ringraziamento ora ci chiudono, e vanno a farlo in Romania. Ci sentiamo presi in giro, e dopo 33 anni di turni ti viene da pensare che mondo sia diventato questo qui”.
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