Economia

Beffa rivalutazione per 5,6 milioni

Beffa rivalutazione per 5,6 milioniUna protesta dello Spi Cgil

A Bassa Quota I sindacati dei pensionati in piazza il primo giugno a Roma

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 aprile 2019

Come i primi assegni per Quota 100 sono partiti il primo aprile, lo stesso giorno è cominciata la beffa per 5,6 milioni di pensionati, più di un terzo del totale. Da quel giorno è entrato in vigore il nuovo sistema di calcolo della rivalutazione – l’adeguamento delle pensioni al costo della vita – previsto dalla legge di bilancio. Proprio nell’anno in cui si sarebbe tornati al metodo Prodi a tre scaglioni con una rivalutazione quasi totale, il governo ha deciso di fare cassa con le pensioni. Ritornando al sistema Letta a sei fasce ma ampliandole da 5 a 7. Risultato: 2,3 miliardi di risparmi in tre anni che diventano però 3,5 se si considera il pagamento delle tasse.
Il governo – e l’Inps – parlano di pochi centesimi per gran parte dei pensionati, ma per le pensioni medie i tagli sono molto corposi: 468 euro per chi ha una pensione netta di 1.600 euro (2.100 lordi) con un effetto trascinamento di 267 euro per ogni anno successivo.
Attenzione però: si tratta di una beffa ritardata. Il provvedimento doveva partire dal primo gennaio ma i tempi tecnici per applicare i nuovi parametri hanno portato l’Inps a pagare gli assegni senza decurtazione per ben tre mesi: gennaio, febbraio e marzo. L’Inps – sotto pressione del governo – ha comunicato che il conguaglio per i primi tre mesi avverrà solo a giugno, non a caso dopo le elezioni Europee. Per un importo totale oltre i 100 milioni di euro.
Nel frattempo l’altra sbandierata misura per gli anziani – la pensione di cittadinanza, lo strumento parallelo al reddito che secondo Di Maio, M5s e Lega doveva «alzare tutte le pensioni minime a 780 euro» – si sta confermando un provvedimento assai limitato.
Se la circolare Inps piena di formule astruse con parentesi quadre e tonde per calcolare i massimali reddituali previsti a seconda della composizione dei nuclei familiari già rende l’idea di quanto siano complicati i requisiti, lo Spi Cgil analizzando i dati Istat stima che a ricevere l’agognata pensione di cittadinanza saranno solamente in 120mila, gli stessi che oggi hanno l’assegno sociale. E per molti di loro sarà solo un’integrazione e non quindi di 780 euro.
L’Inps aveva ipotizzato che ad accedere alla Pensione di cittadinanza sarebbero state 250 mila famiglie, il ministro Luigi Di Maio ne aveva annunciate 500 mila. Ma la realtà è assai diversa per un dato inconfutabile: nel caso che i pensionati (singoli o in coppia) abbiano la proprietà dell’abitazione, la loro soglia di reddituale annua dovrebbe essere inferiore a 7.560 euro. Ma, dati Istat alla mano, in Italia solo il 12 per cento dei pensionati non hanno la casa di proprietà.
«Siamo di fronte a una promessa elettorale – ha detto il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti – e dopo le elezioni europee arriverà la disillusione (la restituzione di 200 milioni di euro da parte di 5 milioni di pensionati, ndr). All’inizio del 2018 le persone che avevano un assegno sociale (fino a 458 euro al mese per 13 mensilità) erano 861mila con un importo medio di 433 euro. In sostanza la pensione di cittadinanza risulterà nella maggior parte dei casi un’integrazione dell’assegno o della pensione sociale».
Per tutte queste ragioni i sindacati dei pensionati hanno deciso di mobilitarsi. Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp terranno tre grandi assemblee il 9 maggio a Padova, Roma e Napoli e una manifestazione nazionale il primo giugno in piazza del Popolo a Roma.

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