Sguardo sereno, viso aperto e sorridente, gesti rilassati, normali. A parte il camerino della sala da concerto, e il lungo vestito bianco intessuto di pizzo, Beatrice Rana sembra una ragazza comune in una pausa dal lavoro o dalle lezioni all’università, che parla con franchezza e passione. Nata in Puglia a Copertino, nel 1993, Beatrice segue da anni una preparazione ferrea e rigorosa, sotto gli sguardi affettuosi ma non soffocanti di una famiglia di musicisti, con una crescita artistica costante che nelle ultime stagioni ha iniziato a portare frutti molto significativi. A soli diciotto anni vince il concorso di Montreal, cui seguono altre competizioni, fra cui il concorso Clementi. Poi nel 2013 il secondo premio del concorso Van Cliburn, arricchito dal premio del pubblico, e un primo lancio internazionale a cui seguono debutti importanti in tante sale da concerto e festival europei. La scorsa settimana Beatrice Rana ha debuttato all’Accademia di Santa Cecilia, oggi la più importante orchestra italiana, con il primo concerto di Caikovskij; sul podio Andrés Orozco Estrada, la giovane pianista ha stupito il pubblico per la sicurezza, il volume di suono e la maturità del tratto interpretativo, sobrio e appassionato.

Quando ha affrontato per la prima volta il concerto di Caikovksij?

Sono sette anni che suono in pubblico, questo pezzo l’ho suonato per la prima volta a quindici anni, ed è stato una vera e propria sfida. È fra i concerti più impegnativi della letteratura pianistica, un gigante, considerato quasi impossibile da suonare all’epoca della sua creazione, e in fondo così lo vedevo anche io. Le difficoltà non sono solo tecniche ma anche sonore, perché l’orchestra oppone al solista una gigantesca massa di suono. Tuttavia, anno dopo anno sono cominciati a venire alla luce gli aspetti meno evidenti di un brano musicale che nella musica classica, e persino fra i pianisti, è spesso sottovalutato, o considerato addirittura con sufficienza.

Per quale motivo? 

Si guarda al concerto di Caikovskij quasi solo come al grande concerto popolare, di facile ascolto, adatto a far cassetta. Invece è un concerto che presenta anche tratti rivoluzionari nelle forme e nella strumentazione; è necessario portare alla luce questi aspetti per suonarlo al meglio.

Come sceglie il repertorio che via via si sta formando in questi primi anni di carriera? 

In tutta franchezza cerco di scegliere secondo i pezzi che sento più vicini alla mia sensibilità. La grande fortuna per chi affronta il repertorio pianistico, che può però essere anche un’arma a doppio taglio, è di trovarsi dinanzi un ambito sterminato. Alla formazione completa, necessaria per un solista, deve accostarsi la scelta di un repertorio col quale si sente affinità, perché – dal mio punto di vista- la sincerità è la prima qualità di un concertista. Senza sincerità non si può proporre al meglio un brano, e se non ci si sente a proprio agio nell’esecuzione di un pezzo il pubblico lo avverte immediatamente.

Una solista giovane continua a studiare? Come si può conciliare lo studio con l’inizio di una grande carriera? 

Domanda terribile questa, che mi pongo spesso: bisogna trovare il tempo. Anche il modo di studiare cambia moltissimo, non si hanno più intere giornate a disposizione, ma bisogna approfittare dei ritagli di tempo, magari dopo un volo aereo stancante. Bisogna un po’ adattarsi. Mentre prima mi sentivo libera di usare il tempo come meglio credevo, adesso sto facendo l’esperienza di quanta bravura .. sia necessaria per non sprecare tempo prezioso e riuscire a organizzarlo al meglio. Si deve poi tenere presente che un pianista si concentra allo stesso momento su repertori diversi: c’è quello che si suona in concerto e, nel mio caso, quello che studio e per ora non eseguo in pubblico.

Diamo qualche anticipazione, cosa sta studiando? 

Mi sto scontrando con la decima sonata di Scriabin , un compositore che mi piace moltissimo ma di cui fino adesso avevo affrontato il primo periodo creativo, meno folle. Adesso devo armarmi di grande lucidità per affrontare questi pezzi così folgoranti, folli ma bellissimi. Mi aspetta un recital a Amburgo e poi una tournée americana di circa un mese. Per adesso non mi attraggono i recital monografici, preferisco raccontare delle storie, dei percorsi in musica per il pubblico, passando da un autore a un altro, con un senso organico e senza creare un mosaico spezzettato.