Visioni

Beata gioventù

Beata gioventù

La prima volta a Cannes Un misterioso party in una baia sulla Croisette e un gruppo di giovani talenti...

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 20 maggio 2015

Finalmente le feste (sono una ballerina mancata). Dopo quella italiana sabato sera per Mia madre (in parte deludente per la musica e per la fauna eterogeneamente nostrana) ieri sera Arabian nights di Miguel Gomes, il regista portoghese della trilogia As mil e uma noites. Location suggestiva ma lontana dal centro. Ci preleva una navetta dalla gare maritime e dopo una decina di minuti di curve arriviamo in una baia davanti al mare. Due livelli, uno col bar, uno col d.j. set. Una piscina riscaldata è subito piena di corpi nudi. Il clima è caldo, afoso, sudato. Lo champagne riscalda i corpi e li dispone alla danza. Si dice che il regista festeggiato si aggira come un pazzo alla ricerca di un microfono per chiedere davanti a tutti i presenti alla sua compagna di sposarlo. Queste cose mi imbarazzano, penso l’amore sia una cosa privata (non ve lo aspettavate da me, eh?), vado via prima che la festa degeneri.

Esordiscono, alla Semaine come alla Quinzaine, giovani registi, nati negli anni 80. Acevedo, colombiano, dell’87. Carpignano, italo-americano, dell’84. Garrel, francese, dell’82. Cos’hanno in comune oltre a essere giovani e belli? Quali storie vogliono raccontare della loro generazione e della loro vita, di quello che gli scorre attorno e vedono accadere sotto il loro sguardo? Che tipo di emozione può vivere un trentenne che si ritrova catapultato a Cannes? Dipende da dove proviene. Per Garrel, figlio d’arte e attore rinomato in Francia e all’estero, trovarsi qui sembra trattarsi di una passeggiata. Nella sua dichiarazione prima del film, è allegro, spiritoso, per niente imbarazzato, a suo agio, assolutamente non corrispondente all’immagine di bello e scontroso che manda in giro avvalorando lo stereotipo del francese vizioso.

Il ventottenne Acevedo, commosso, trasmette tutta l’energia che ha profuso nel film negli occhi esterrefatti con cui guarda la sala piena. Tornerà in Colombia soddisfatto. Ma il giovane italiano, Jonas Carpignano, che vive tra New York e la Calabria, cosa prova a presentare la sua opera prima alla Semaine de la Critique? Attorniato da due cristoni neri, belli e timidi, Jonas dichiara felicità abbracciando i suoi protagonisti con sincera gratitudine. Quanto si gioca qui la futura carriera di regista italiano? Sarà il suo film a parlare, a dirci se vince o perde la scommessa. Garrel l’ha vinta en tout cas, avendo meno da perdere: gioca su un terreno conosciuto, praticato dalla prima infanzia.
I tre film hanno poco in comune, soprattutto per quanto riguarda lo stile.

Hanno al centro personaggi maschili, siano lavoratori nei campi di canna da zucchero, giovani viveurs con velleità artistiche, immigranti in cerca di un futuro. Vanno per la loro strada, compiono il loro percorso, ognuno nel suo diverso mondo. Non ne parlerò, non esprimerò giudizi. Non adesso. Non qui. Posso dire solo che con uno dei tre andrei a prendere un thè. (Accetterei anche un invito alla festa del film, se ci fosse, così, tanto per ballare…).

Fabianasargentini@alice.it

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