Economia

«Bazoli controllava anche Ubi banca». A processo in trenta

«Bazoli controllava anche Ubi banca». A processo in trentaGiovanni Bazoli, 85 anni, presidente onorario e "inventore" di Intesa San Paolo

Conflitti d'Interesse Il gup di Bergamo accoglie la richiesta dei pm: patto parasociale con a capo il banchiere cattolico governava l’istituto lombardo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 28 aprile 2018

È il banchiere di più lungo corso rimasto in Italia. Fattosi le ossa nel far resuscitare il Banco Ambrosiano fino a inventarsi Intesa San Paolo. Ha sempre fatto dell’etica (cattolica) una ragione di vita e non ha mai nascosto le simpatie per il centrosinistra. Ora però l’85enne bresciano Giovanni Bazoli andrà a processo con una accusa molto grave: aver controllato due banche concorrenti ed aver impedito i controlli della autorità competenti.

IL CONFLITTO DI INTERESSI è gigantesco. Secondo i magistrati di Bergamo mentre continuava ad essere presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo (ora è presidente emerito), Bazoli controllava anche Ubi, istituto terzo in Italia per numero di sportelli e più forte del territorio fra Bergamo e Brescia, dove «il professore» è una istituzione da decenni.

L’ACCUSA DI OSTACOLO agli organi di vigilanza riguarda i presunti patti parasociali occulti che sarebbero stati stretti tra il 2009 e il 2016 dai due gruppi di azionisti della banca, l’associazione Amici di Ubi, guidata da Emilio Zanetti, e l’Associazione Banca Lombarda e Pimontese, presieduta da Bazoli, per influenzare governance, nomine e scelte aziendali. Nel capo di imputazione, i magistrati bergamaschi contestano anche Bazoli di aver continuato, dal marzo 2009, «a mantenere sia la presidenza di Banca Intesa Sanpaolo oltre che l’amministrazione e gestione di fatto all’interno del gruppo Ubi banca, imprese bancarie fra loro in concorrenza, così ostacolando le funzioni di vigilanza». La seconda ipotesi di reato è invece relativa a presunto rastrellamento di deleghe in bianco che sarebbe stato effettuato in vista dell’assemblea dei soci dell’aprile 2013 dedicata al rinnovo del consiglio di sorveglianza di Ubi.

Le accuse per le quali il pm Fabio Pelosi aveva chiesto il rinvio a giudizio sono ostacolo all’esercizio degli organismi di vigilanza e presunte irregolarità nella raccolta delle deleghe in vista dell’assemblea del 2013 che avrebbe determinato la governance di Ubi. Il processo comincerà il 25 luglio.

SUL BANCO DEGLI IMPUTATI, insieme all’amministratore delegato di Ubi Victor Massiahad Massiah, ci saranno anche due manager di Ubi attualmente in carica: il presidente del consiglio di sorveglianza, Andrea Moltrasio, e il suo vice Mario Cera. Oltre al loro altri 26 dirigenti. Il gup di Bergamo, Ilaria Sanesi, ha accolto la richiesta del pm Fabio Pelosi e mandato e giudizio tutti gli imputati compresa la stessa Ubi Banca, sotto accusa ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa di società per reati commessi da propri dipendenti.

AL MOMENTO DELLA LETTURA del verdetto, il banchiere bresciano, che si era difeso nella discussione, non era presente in aula. Il rinvio a giudizio disposto dal gup di Bergamo arriva dopo la sentenza emessa in un procedimento “parallelo” dalla Corte d’Appello di Brescia che, nel maggio 2017, aveva annullato le sanzioni inflitte dalla Consob a Ubi escludendo ogni ipotesi di ostacolo alla vigilanza ed altre omissioni informative.

«NESSUN OSTACOLO ALLA vigilanza da parte mia» – ha commentato in una nota Bazoli -. Prendo atto della decisione, che era prevedibile in considerazione dei limiti propri dell’udienza preliminare. Il dibattimento sarà certamente la sede più adeguata per accertare che l’intero impegno da me dedicato alla nascita e all’avvio di Ubi è stato improntato alla massima correttezza e trasparenza. Ubi Banca «prende atto con rammarico» della decisione del giudice ma «è certa e ribadisce che il dibattimento, entrando nel merito, dimostrerà l’infondatezza delle accuse rivolte all’ente e ai propri esponenti, ritenendo che non vi sia stato alcun ostacolo alla Vigilanza, alcun patto occulto, alcuna omissione informativa, alcuna influenza nel determinare la maggioranza assembleare».

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