Non è da tutti, anzi, è quasi da nessuno riuscire a far saltare e ballare tutti i presenti al concerto del Primo Maggio a San Giovanni dopo una giornata di pioggia torrenziale, parlando della filosofia del mistico greco-armeno Georges Ivanovič Gurdjeff: Franco Battiato lo ha fatto nel 1997 con Centro di Gravità Permanente, uno dei brani più noti del suo album uscito nel 1981, La voce del padrone. Ma questo non è l’unico merito del disco, ovviamente. Sarebbe facile fermarsi al fatto che è stato l’album di maggior successo di Battiato, nonché primo lp italiano a vendere oltre un milione di copie, rimanendo in testa alle classifiche per 18 settimane tra maggio e ottobre 1982, ed è ritenuto da molti uno dei migliori lavori italiani di sempre (Rolling Stone lo mette al secondo posto nella sua classifica del 2012, dietro a Bollicine di Vasco Rossi). Un lavoro che a distanza di oltre quarant’anni dalla sua uscita , rimane una perfetta dimostrazione di come sia possibile far sembrare facile e lineare la complessità. È questa la dote migliore di La voce del padrone: ognuna delle sette tracce è al tempo stesso una canzone pop di facile ascolto e un’opera complessa e stratificata, in cui i piani sonori costruiscono un tessuto ricco e complesso e i testi affrontano con un tocco apparentemente leggero temi complessi e citazioni più o meno colte.

C’E’ TUTTO, in La voce del padrone: oltre alla filosofia di Gurdjeff, che è anche alla base del titolo dell’album (che rimanda alla famosa casa discografica inglese e a un romanzo di Stanislaw Lem), c’è una feroce critica al consumismo della società di inizio anni ’80, c’è la poesia, c’è Adorno. E soprattutto c’è la musica: tanta musica, non solo suonata da professionisti come Giusto Pio o Alberto Radius, ma ascoltata, digerita e resa parte dei testi con citazioni e rimandi. Da Dylan (il Mister Tamburino di Bandiera Bianca) a Beethoven, da Alan Sorrenti a Sinatra a Tomás Mendéz, autore di Cuccuruccucù paloma. E poi, le atmosfere sognanti di Summer on a solitary beach che aprono il disco, che ha uno dei bridge più memorabili di sempre; le opinioni sull’attualità e sulla scena musicale di Bandiera bianca; la celebrazione del corpo in Sentimiento nuevo; le elucubrazioni filosofiche di Segnali di vita; e le trascinanti riflessioni autobiografiche e filosofiche di Cuccuruccucù e di Centro di gravità permanente, che sono e rimangono due canzoni pressoché perfette, in cui l’alto e il basso si incontrano e generano mondi nuovi.

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