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Barghouti: «Non temo le minacce»

Barghouti: «Non temo le minacce»Omar Barghouti

Israele L’attivista di «Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni» sulle nuove misure punitive

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 3 aprile 2016
Michele GiorgioGerusalemme

Dal tono della voce di Omar Barghouti traspaiono determinazione e preoccupazione. «Non sono sorpreso – ci dice l’opinionista palestinese, uno dei fondatori della Campagna per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (Pacbi) e del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e sanzioni (Bds) –, non sono nuove le intimidazioni israeliane contro chi denuncia l’occupazione e difende i diritti umani e i diritti del popolo palestinese». La differenza – aggiunge – «è che ora gli israeliani prendono di mira direttamente chi denuncia violazioni abusi e discriminazioni e, più di tutto, non esitano a fare nomi e cognomi mettendo a rischio le persone indicate nei loro avvertimenti».

Il nome di Omar Barghouti, che ha scritto anche per il New York Times, è stato fatto più volte durante la conferenza «Stop Bds» tenuta a inizio settimana a Gerusalemme su iniziativa di Ynet (il portale del quotidiano Yediot Ahronot). E nei suoi confronti (e degli altri attivisti del Bsd) sono state annunciate severe misure punitive e lanciati pesanti avvertimenti. Il ministro responsabile per l’intelligence Israel Katz ha ipotizzato delle «esecuzioni mirate civili» di chi porta avanti il boicottaggio di Israele precisando di non proporre l’eliminazione fisica degli attivisti del Bds ma di colpirli in altri modi.

Il ministro dell’interno Aryeh Deri è stato più chiaro portando ad esempio proprio Omar Barghouti che, ha sottolineato, è in possesso di una carta d’identità blu (la residenza in Israele), da quando nel 1994 ha sposato una palestinese con cittadinanza israeliana. Quindi, ha lasciato capire, a Barghouti potrebbe essere revocato il diritto a risiedere e ad entrare nel territorio israeliano, così come è avvenuto di recente con i familiari di palestinesi accusati di attentati. Per il ministro dell’interno il Bds intende distruggere lo Stato ebraico e Omar Barghouti non sarebbe meno pericoloso di Hezbollah o dell’ayatollah Khameini e gli attivisti del boicottaggio vanno trattati come «terroristi».

Alla conferenza di Ynet oltre a diversi ministri, hanno preso parte anche parlamentari della maggioranza e dell’opposizione e Roseanne Barr, un’attrice e conduttrice tv statunitense, vincitrice di svariati Emmy Awards. La controffensiva di Israele alle iniziative di boicottaggio – in risposta, spiega il Bds, alle politiche israeliane – ha avuto un forte impulso nell’ultimo anno. Pesano anche le donazioni raccolte nei mesi scorsi dal ricco imprenditore israelo-americano Sheldon Adelson, vicino al premier Netanyahu e proprietario del quotidiano israeliano di destra Israel HaYom, allo scopo di combattere il Bds che progressivamente sta prendendo piede nei campus universitari americani. Di recente esponenti di governi e parlamenti di alcuni Paesi europei e dell’America latina, sollecitati da Israele, hanno annunciato l’approvazione di leggi punitive contro il Bds.

Il governo Netanyahu non si mostra preoccupato per gli effetti economici del boicottaggio quanto per la crescita nell’opinione pubblica europea ed americana di una maggiore consapevolezza dell’occupazione militare dei Territori e delle sue conseguenze per i palestinesi. A rischio è lo status internazionale dello Stato ebraico. In Europa e Stati Uniti, associazioni, sindacati, studenti, intellettuali, professori universitari hanno preso posizione a favore del boicottaggio di Israele. Nelle scorse settimane centinaia di docenti italiani hanno firmato una petizione contro l’università di Haifa “Technion” accusata di partecipare attivamente alla produzione di armi poi usate dall’Esercito contro i palestinesi. Gli attivisti del Bds inoltre sollecitano a non acquistare prodotti israeliani, in particolare quelli provenienti dalle colonie ebraiche nei Territori occupati. Senza dimenticare l’appello lanciato da Bds ad artisti internazionali affinché rinuncino ad esibirsi in Israele. Negli ultimi anni diverse pop e rock star internazionali hanno annullato i loro concerti a Tel Aviv.

«Prendo sul serio le minacce che mi sono state rivolte (alla conferenza di Ynet) – ripete Barghouti –, tenendo presente il livello di impunità esistente nell’establishment israeliano, non posso che essere preoccupato anche per la mia incolumità. Tuttavia se da un lato non prendo alla leggera questa minaccia dall’altro non ho alcuna intenzione di interrompere il mio impegno per i diritti umani e per i diritti dei palestinesi».

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