Diciassettesima edizione per il Barezzi, eclettica rassegna che in otto giorni a novembre, tra la città di Parma e la provincia, ha indagato la contemporaneità pop, con live in esclusiva, tra cui Jesus And Mary Chain, Blonde Redhead, Lambchop e, per l’anteprima, l’unica data italiana dei Calexico, a celebrare i vent’anni di Feast Of Wire. Il nostro percorso nel festival comincia all’Auditorium del Carmine con il set dei Giant Sand di Howe Gelb, storico esponente del cosiddetto desert rock, nelle cui fila in passato hanno militato Joey Burns e John Convertino, proprio dei Calexico. L’autore si presenta in trio, con basso e batteria, a cui si aggiungono la chitarra di Lorenzo Corti, già con Cristina Donà, e una corista: il concerto non decolla, tra pronunce impastate di vento torrido e sabbia, quarzi rock, opache pepite bues e una cover di Femme Fatale dei Velvet Underground. Il suo percorso da cercatore d’oro lungo il Rio Grande della musica americana sembra essere arrivato a una pausa nell’ispirazione. Due giorni dopo è il turno del trovatore folk Micah P. Hinson, dal Texas, che porta in giro per l’Europa la sua ultima fatica I Lie To You, pubblicata dall’italiana Ponderosa nel 2022: con voce roca e profonda, quasi baritonale, carisma e ironia, porge canzoni che paiono reggersi sul nulla eppure, miracolosamente, funzionano a meraviglia: nenie country, arie alt-rock, languori blues, tutto si tiene in questi acquerelli di vita difficile tratteggiati con mano felice.

RACCONTI di disamore messi in musica in trio (Alessandro “Asso” Stefana a banjo, pedal steel e synth, Paolo Mongardi alla batteria) che serbano una potente forza poetica. Echi di esistenze non lineari che riverberano in tracce lievi suonate in punta di dita, benedette da una voce sghemba che non fa prigionieri. Come quella di Kurt Wagner, protagonista della serata di chiusura del festival, al teatro Verdi di Busseto. Nella patria di Verdi il leader dei Lambchop si presenta per un’intima performance in duo, accompagnato dal pianista Andrew Broder, già protagonista dell’indie rock vent’anni fa coi Fog, e complice degli ultimi due album della band di Nashville, The Bible e Showtunes. Letteralmente da brividi: la capacità espressiva della voce, il tocco, la delicatezza, l’uso delle dinamiche portano in alto musiche che una volta si potevano definire country-soul e ora evaporano in una nebbia filosofica da cui emergono, oltre a una citazione di Once In A Lifetime dei Talking Heads, nitidi profili di canzoni americane destinate a restare nella storia.