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Bankitalia e Consob, botte da orbi. Ma salta il confronto

Bankitalia e Consob, botte da orbi. Ma salta il confrontoIgnazio Visco e Pier Carlo Padoan – LaPresse

In Commissione Scambio di accuse su Veneto banca. Casini minimizza e nega il faccia a faccia all’americana. Ma il Pd incalza

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 10 novembre 2017

Si scrive «Commissione parlamentare d’inchiesta». Si legge «processo». Il clima in Commissione è questo da giorni ma ieri, su richiesta di M5S e FdI contrastata dal presidente Casini ma accolta a maggioranza dai commissari, la Commissione si è trasformata in Corte anche dal punto di vista formale. Le audizioni del direttore generale Consob Angelo Apponi e del capo della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo sono state promosse a testimonianze propriamente dette, dunque passibili di incriminazione in caso di menzogna.

IN UNA SITUAZIONE DEL GENERE, mentre le due istituzioni delegate a vigilare sulle banche si azzannavano rinfacciandosi a vicenda l’aver tenuto gli occhi chiusi, il previsto confronto all’americana tra loro si sarebbe potuto risolvere in un disastro. Casini è intervenuto per domare l’incendio prima che dilagasse. Ha sospeso il confronto: «Credo che le criticità emerse si possano considerare superate. Non sono emerse discordanze sullo scambio di missive tra Consob e Bankitalia ma valutazioni divergenti». Dunque, in base al codice penale che consente il confronto diretto solo quando non coincidano i fatti e lo proibisce quando si tratta di «valutazioni», Casini non ha «ritenuto tecnicamente possibile» attivarlo.

MA IL PRESIDENTE CASINI gioca a smorzare, probabilmente sapendo lui per primo che si tratta di una missione impossibile. Ieri i rappresentanti delle due istituzioni delegate a proteggere i risparmiatori si sono accusati senza mezzi termini di aver tradito il loro mandato, o nella migliore delle ipotesi di aver fatto il loro lavoro nella peggior maniera possibile. Consob ha rinfacciato a Bankitalia il non aver segnalato problemi per la ricapitalizzazione 2013 di Veneto Banca e anzi l’aver definito l’operazione «strumentale a obiettivi previsti». La Banca centrale disse solo che «il prezzo dell’aumento di capitale era alto» mentre due anni dopo avrebbe messo nero su bianco critiche ben più acuminate e precise. Ma se avevamo scritto che il prezzo «era incoerente con il contesto economico…», replica Bankitalia. Era più che sufficiente per avviare l’ispezione. Il duello si ripete sulla Popolare di Vicenza. Apponi rileva che da Bankitalia non arrivarono segnali di sorta sul prezzo, anche in quel caso esagerato, delle azioni. Barbagallo non smentisce ma rifiuta l’addebito: «Ritenemmo che fossero problemi procedurali risolvibili».

LO SPETTACOLO che va in scena sulla pelle dei risparmiatori è sconcertante. Il rimpallo lascia entrambi i contendenti in ginocchio e offre a Renzi e al suo Pd l’occasione per lanciarsi in un nuovo affondo. «Quello che sta emergendo è grave, serio e allarmante», apre il fuoco Orfini, capogruppo Pd in commissione. Sul confronto non molla: «Sono emersi aspetti inquietanti: valuteremo se farlo». Checché ne dica il contrarissimo Casini. Segno che la strategia del Pd, stavolta, è perentoria: «Niente prigionieri».

«Il pentolone delle cose che non tornano è già esploso», rincara il senatore Marcucci. Renzi arriva per ultimo. Non dice nulla che non abbia già detto, ma sono frasi che, ripetute dopo la patetica sceneggiata in commissione, acquistano un sapore molto più acre: «La Commissione voluta dal Pd sta lavorando bene per capire chi ha sbagliato. Chi ha sbagliato deve pagare: non è populismo, è giustizia». Il punto è che i vertici dell’istituzione messi sotto processo dalla «Commissione voluta dal Pd» sono stati appena riconfermati dal governo sostenuto e guidato dal Pd, su spinta del Colle e della Bce.

IL PUNTO PIÙ DOLENTE è che siamo appena agli inizi. Deve ancora arrivare il caso Mps. Deve ancora passare sotto le forche caudine Ignazio Visco. Lo fa capire, dal treno di Renzi, il sottosegretario Baretta: «Questa è la cosa più forte successa finora. Ma non si può più nascondere la polvere sotto il tappeto». Martedì arriverà in Commissione Mps e lì di polvere potrebbe sollevarsene a tonnellate. E non è affatto escluso che venga anche il turno della Bce.
M5S, incalzato da un Renzi più grillino di Grillo, deve per forza rilanciare ulteriormente: «Con noi al governo i responsabili andranno in galera». Il vero motivo dei malumori serpeggianti nel Pd è questo, non le favole sui candidati premier: le perplessità, per usare un eufemismo, sulla campagna ipergrillina nella quale Matteo Renzi ha deciso di imbarcarsi. Ma preoccupazioni anche più fonde campeggiano al Colle, da dove è partito l’ordine di confermare il governatore Visco.

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