Economia

Banche, Patuelli (Abi): «Le norme sul bail-in sono incostituzionali»

Banche, Patuelli (Abi): «Le norme sul bail-in sono incostituzionali»56° assemblea annuale dell'associazione bancaria italiana – La Presse

Crisi Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli: «Occorre rivedere la normativa sulle risoluzioni e sul salvataggio bancario innanzitutto per ciò che contrasta con la Costituzione Italiana». Messina (Intesa San Paolo) esclude «in modo assoluto» di partecipare alla ricapitalizzazione del fondo Atlante o alla creazione del fondo Atlante 2

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 9 luglio 2016

Il coup de théâtre è al decimo minuto – più o meno – dell’attesissima relazione del presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi). Quando Antonio Patuelli, riconfermato per acclamazione al vertice del «sindacato» dei banchieri, afferma davanti all’assemblea numero 56 dell’Abi riunita al Palazzo dei Congressi di Roma che la norma sul bail-in è incostituzionale. «Occorre – ha detto testualmente Patuelli, al termine di una tirata contro Bruxelles e gli aiuti di Stato “frequenti altrove” – venga rivista la normativa sulle risoluzioni e sul “bail-in” innanzitutto per ciò che contrasta con la Costituzione Italiana».

Peccato che la norma incriminata – entrata in vigore il primo maggio scorso – risalga addirittura al 2013. Proprio mentre l’allora presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna – e vicepresidente vicario Abi – cominciava il suo primo biennio a capo dell’associazione, raccogliendo il testimone a inizio anno proprio da Giuseppe Mussari, travolto dallo scandalo Mps. E peccato anche che, nel frattempo, il sistema bancario italiano sia passato per una delle crisi peggiori della sua storia recente. Senza dimenticare la «cura» dei fondi speculativi, che non solo a suon di vendite allo scoperto hanno fatto perdere in un anno a tutto il sistema oltre il 60% della sua capitalizzazione di borsa.

Ma forse non è mai troppo tardi. Tanto che alla fine di una giornata cominciata con l’Assemblea dei banchieri in assoluto più politica che si ricordi da diversi anni a questa parte, Piazza Affari ha chiuso col rialzo migliore d’Europa: +4,08%. Meglio di Francoforte e Madrid (+2,2%), di Parigi (+1,7%) e di Londra (‘maglia nera’ con un recupero dello 0,87%). Sono ‘ali’ sicuramente un po’ malandate quelle con cui vola il listino di Milano, che con 16mila punti resta lontanissimo dagli oltre 20mila di gennaio scorso, ma si tratta comunque di una boccata d’ossigeno. Trainata, naturalmente, dal rimbalzo dei titoli bancari. Sui quali si sono concentrate grosse operazioni di «ricopertura» come si dice in gergo (comprare ai minimi per realizzo). Così Mps – che ha annunciato di voler chiudere entro 15 giorni il «contenzioso» con Bruxelles sui crediti deteriorati di cui si è parlato e scritto fin troppo per tutta la settimana – ha recuperato il 5,5%. Che è quasi nulla rispetto al Banco Popolare, reduce dal suo minimo storico, o a Bper, rispettivamente a +18 e +15 per cento.

O a Intesa San Paolo, che se «si accontenta» di guadagnare il 10% realizza però i migliori volumi di giornata (286 milioni di euro scambiati). L’amministratore delegato del gruppo, Carlo Messina, era peraltro stato una delle «star» del foyer del Palazzo dei Congressi. Dove, prima dell’apertura dell’assemblea dei banchieri aveva dichiarato che «Intesa San Paolo supererà senza alcun problema gli stress test della Bce (che si concluderanno il 29 luglio, ndr) dimostrando di essere una delle banche più solide d’Europa, non solo d’Italia».

Un paio d’ore dopo, inseguito dai cronisti mentre usciva dal Palazzo dei Congressi, Messina ha escluso «in modo assoluto» che la sua banca possa partecipare alla ricapitalizzazione del fondo Atlante o alla creazione del fondo Atlante 2: «Intesa ha già fatto la sua parte mettendo circa 1,5 miliardi di euro per la tenuta del sistema» ha detto l’ad del gruppo. Che ha poi sottolineato come la questione dei crediti deteriorati in mano al sistema bancario italiano sia «poca cosa» rispetto al problema dei derivati di cui sono «imbottiti i bilanci» di molte banche all’estero.
«I crediti deteriorati – ha detto Messina al Manifesto – corrispondono al 5% del Pil italiano, tenendo conto dei collaterali. Mentre il volume dei derivati nei sistemi bancari francese e tedesco corrisponde a 20-30 volte i rispettivi Pil nazionali».

Un tema che, in modo meno esplicito, era apparso in tutte e tre le relazioni della giornata. Non tanto in quella del ministro Gian Carlo Padoan, che ha sostanzialmente rimesso il disco già suonato tre giorni fa all’Assemblea annuale dell’Ania – l’associazione delle imprese di assicurazioni – decantando l’attività del governo nel settore e assicurando che Palazzo Chigi è «pronto a nuovi interventi qualora fossero necessari». Quanto in quella del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Ma soprattutto, ancora, nelle parole di Patuelli. Ad esempio quando ha detto «Altre parti del mondo vedono loro importanti banche sanzionate per decine di miliardi… e sottoposte ad indagini per gravi manipolazioni di cambi, di indici di mercato e dell’Euribor: da tutto questo le banche italiane sono risultate estranee» guadagnandosi l’inevitabile applauso.

Patuelli ha chiuso con l’appello ai «padri nobili» Mattioli, Siglienti ed Einaudi per un’«economia subordinata all’Etica», un’Europa «più responsabile e più giusta».Il sipario dell’assemblea, correttamente, è calato qui.

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