Banca Popolare di Bari, Marco e Gianluca Jacobini agli arresti domiciliari
Il caso Padre e figlio, già ai vertici della banca commissariata, sono accusati di falso in bilancio e ostacolo alla Vigilanza
Il caso Padre e figlio, già ai vertici della banca commissariata, sono accusati di falso in bilancio e ostacolo alla Vigilanza
Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, il primo ex presidente del Cda e amministratore di fatto della Banca Popolare di Bari (BpB) e il secondo vice direttore generale e direttore generale di fatto dell’istituto di credito barese sono stati messi ieri agli arresti domiciliari. Agli indagati sono stati contestati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.
L’INCHIESTA della Procura di Bari sulla presunta malagestione della banca, commissariata il 13 dicembre scorso, ha portato agli arresti domiciliari anche Elia Circelli, accusato di un episodio di falso in bilancio e falso in prospetto, tuttora responsabile della Funzione Bilancio e Amministrazione della Direzione Operations della Popolare di Bari. L’ex amministratore delegato dell’istituto barese Vincenzo De Bustis Figarola è stato interdetto dall’attività di dirigente di istituti bancari e di uffici direttivi di imprese per dodici mesi e deve rispondere di un episodio di falso in bilancio e di falso in prospetto. Nell’inchiesta sono coinvolte in tutto nove persone, tra le quali Roberto Pirola e Alberto Longo, presidenti del collegio sindacale della banca: il primo dal 2011 al 2018 e il secondo dal 2018 al commissariamento; Giuseppe Marella, responsabile dell’Internal Audit della BpB dal 2013.
MARCO E GIANLUCA Jacobini poche ore prima il commissariamento della banca avrebbero messo «in atto condotte di occultamento dei profitti illeciti» trasferendo dai loro conti correnti, cointestati alle rispettive mogli, somme per 5,6 milioni. Questo sarebbe avvenuto poche ore prima del commissariamento del 13 dicembre. È uno dei particolari che motivano le esigenze cautelari per i due ex amministratori della BpB. «L’intenzione – sostengono i magistrati nelle 408 pagine dell’ordinanza cautelare – era sottrarre i profitti illeciti ad eventuali operazioni di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria».
«LA STRUTTURA DELLA BANCA è ancora sottoposta al controllo di fatto della famiglia Jacobini» con l’ex presidente che, stando alle rivelazioni di un dirigente sentito durante le indagini, era capace di «governare la banca con lo sguardo». «Appare pertanto necessario e urgente – sostiene il gip Francesco Pellecchia- era impedire che tale potere illecito impedisca il risanamento della banca con i devastanti effetti sull’economia meridionale». Nonostante la situazione di grave dissesto patrimoniale, la famiglia Jacobini avrebbe percepito dal 2011 al 2017 compensi per complessivi 10 milioni di euro e nel 2018 Marco Jacobini avrebbe incassato redditi per oltre 3 milioni. Una parte importante dell’indagine durata tre anni riguarda l’acquisizione di Banca Tercas e gli aumenti di capitale del 2014 e 2015 collegati a quella operazione, della quale sarebbero stati nascosti i rischi.
NEL PROVVEDIMENTO cautelare si legge inoltre la descrizione «dell’estrema accondiscendenza dei vertici della Banca d’Italia, che pur avendo rilevato la grave e ristagnante situazione conseguente al conflitto d’interessi venutasi a creare in seno alla Bpb, non ha mai esercitato i poteri di “removing” attribuiti dalla legge allo stesso supremo organo di vigilanza».
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