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Bambini stranieri, condannato il Veneto per discriminazione

Bambini stranieri, condannato il Veneto per discriminazione

Diritti La Regione non ha garantito l’accesso gratuito ad un servizio pubblico di pediatria. Il poliambulatorio Emergency ha documentato il fenomeno. Asgi ha fatto ricorso.

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 23 ottobre 2020

In Veneto si sono verificate per anni discriminazioni sanitarie nei confronti di bambini stranieri. È quanto ha stabilito il Tribunale di Venezia condannando la Regione e la Ulss 3 Serenissima a garantire «un servizio ambulatoriale pediatrico pubblico accessibile gratuitamente equiparabile al pediatra di libera scelta cui dà diritto l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale».

La problematica è antica e affonda le radici nel fatto che i minori stranieri comunitari ed extracomunitari non regolarmente soggiornanti, cioè figli di persone che non hanno mai avuto o hanno perso il permesso di soggiorno, non possono ottenere un codice fiscale e iscriversi al Ssn. Per loro, quindi, le prestazioni sanitarie passano esclusivamente per i pronto soccorso ospedalieri, senza possibilità di usufruire delle visite e dell’assistenza costante di un pediatra.

QUESTO FENOMENO è stato rilevato nel corso degli anni dal lavoro di base del poliambutorio Emergency di Porto Marghera, che è entrato in contatto con numerosi minori che non avevano la possibilità di usufruire degli stessi servizi medici riservati ai loro coetanei italiani o comunque in regola con i documenti di soggiorno.

Il numero 6 di via Giovanni Battista Varè è dal 2012 un punto di riferimento per chi non ha una tessera sanitaria: senza fissa dimora italiani, cittadini comunitari che mancano di qualche requisito, stranieri irregolari. Nella palazzina bianca con gli archi rossi è garantita l’assistenza odontoiatrica, sono fornite dentiere e occhiali e c’è anche un servizio di medicina generale che nel 2019 ha accolto oltre 2mila persone. Tra loro molti minori.

«NON AVERE UN PEDIATRA significa non poter accedere a tutta una serie di visite periodiche, i bilanci di salute, per controllare la crescita dei bambini – dice Maria Teresa Laruina, mediatrice culturale nel poliambulatorio – La questione non riguarda solo chi ha patologie gravi. Il tema è anche la prevenzione e la capacità di intercettare presto eventuali problemi, per intervenire prontamente ed evitare che si aggravino. Assistere i bambini significa anche non lasciare sole le famiglie, e soprattutto le mamme, su questioni fondamentali come l’alimentazione o le vaccinazioni».

Oltre a essere un tema di umanità e civiltà, l’eguale assistenza sanitaria a tutti i minori è anche un dovere giuridico dello Stato. Lo prevedono norme di diversa natura che si distribuiscono su tutto lo spettro delle fonti giuridiche, dal livello regionale a quello nazionale, fino alla Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre del 1989. Questa, scrive nella sentenza la giudice Margherita Bortolaso, «non ammette alcuna possibile distinzione tra i minorenni in base alla loro origine nazionale o con riferimento alla loro condizione amministrativa di irregolarità di soggiorno, quindi esclude differenze di trattamento con riguardo agli irregolari extracomunitari e comunitari».

«DA UN PUNTO DI VISTA giuridico è pacifico che tutti i minori devono avere pieno accesso alle cure mediche – afferma l’avvocato Marco Paggi, dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) – Nonostante ciò il poliambulatorio di Marghera ha rilevato una condotta discriminatoria da parte delle istituzioni pubbliche. Dopo ripetute diffide per casi individuali e avendo constatato il carattere di sistematicità del fenomeno abbiamo fatto ricorso come Asgi contro Regione Veneto e Ussl 3 Serenissima per discriminazione».

Il tribunale veneziano ha accertato il carattere discriminatorio del mancato riconoscimento del pediatra ai minori irregolari e condannato i due enti. Dovranno istituire un servizio ambulatoriale dedicato e modificare le linee guida dei servizi sanitari. Una vittoria importante, soprattutto durante la pandemia da Covid-19.

«L’UNIVERSALITÀ dell’accesso alle cure è un vantaggio per tutta la comunità – afferma Laruina – Questo vale anche per gli adulti che non riescono a ottenere la tessera sanitaria e quindi si trovano senza medico di base. Riuscire a garantire un tampone e a fare ottenere loro i risultati è molto complesso. In questo campo ci sono ancora tante problematiche non risolte».

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