«Le primarie? Il Pd voleva evitarle»
Emilia Intervista a Roberto Balzani, ex sindaco di Forlì, candidato alle prossime regionali
Emilia Intervista a Roberto Balzani, ex sindaco di Forlì, candidato alle prossime regionali
Cielo sereno sull’Emilia Romagna. Le primarie per il candidato del centro sinistra alle prossime regionali si faranno. Stefano Bonaccini, che in pochi giorni ha assunto prima la qualità di candidato indagato e poi di archiviando, domattina presenterà il suo programma. Matteo Renzi con uno dei cinque tweet di giornata l’ha detto fin dal mattino: «I candidati del Pd li scelgono i cittadini con le primarie, non soggetti esterni. In Emilia Romagna vinca il migliore». E il vice Lorenzo Guerini, a Matera, ha ribadito: «Bonaccini credo abbia dato spiegazioni molto convincenti, risposte puntuali. Credo che si possano celebrare le primarie mettendo al centro lo sviluppo e il futuro dell’Emilia-Romagna e facendole in un clima sereno e di grande partecipazione». Una grande partecipazione che si augura Roberto Balzani, l’unico che in queste settimane di continui tentennamenti non ha mai esitato. L’ex sindaco di Forlì è uno che non gira troppo intorno ai concetti.
Qual era il suo timore più grande?
Che prevalesse una parte del Pd sia regionale che romano che non ha interesse a fare le primarie perché vorrebbe riprodurre una filiera ereditaria alla guida dell’Emilia Romagna.
E adesso? Le primarie sono state sdoganate a causa del pasticcio di questi giorni perché ormai non c’era più un’alternativa?
Penso che si sia fatto un po’ di tutto per evitarle. Poi il profilo dei candidati, intendo quelli del ceto politico (Bonaccini e Matteo Richetti, ndr), e la competizione fra di loro ha creato le premesse perché, attraverso il pasticcio, venisse confermata l’unica soluzione possibile.
Lei non si sente parte del ceto politico?
Intendo il ceto politico come persone che rappresentano un’idea di governo consociativo del territorio e rifiutano di mettere in discussione questioni evidenti. Il cosiddetto “modello emiliano” non esiste più anche per questioni economiche e sociali. Ci sono urgenze di tipo diverso nella popolazione: l’ambiente, il consumo di suolo, l’esigibilità dei diritti sociali. Questi temi sono considerati dal ceto politico “argomenti per minoranze” di cui discutere in sede di costruzione delle alleanze per dare un contentino ma che non rappresentano un vero e proprio asse di riflessione.
Quale sarebbe una delle cose da fare da subito se lei fosse il candidato del centro sinistra e quindi, con tutta probabilità, il futuro presidente della Regione?
Riformulare tutta la struttura della giunta che così com’è non è più attuale. Abbiamo un assessorato che ha l’80% delle risorse, quello alla sanità. Io penso ad assessorati più funzionali, per esempio uno dedicato tutto all’aspetto europeo sia per intercettare i finanziamenti che per la verifica delle politiche che vengono calate sul territorio. Penso al territorio come a un assessorato unico, dove non si smembra il tema dello sviluppo da quello dell’ambiente.
Eppure i cittadini hanno sempre avuto fiducia in Vasco Errani e sembrano aver già nostalgia di lui… Non teme che attaccare il “modello Emilia” sia impopolare?
Io credo che Vasco Errani sia stato un grande leader politico con una grande capacità. Nella sua ultima fase, questa sua capacità di visione e strategia che apparteneva alla cultura della sinistra dei primi anni Sessanta, quella di politici come Guido Fanti, che ha dato alla regione un’impronta identitaria molto forte, si è un po’ persa nella negoziazione. Il mio non è un problema di discontinuità di persone, ma di visione politica.
Lei da sindaco ha sfidato Hera, la multiutiliy partecipata da molti comuni della regione. Daniele Manca, il sindaco di Imola presidente del patto di sindacato di Hera, era il candidato che molti avrebbero voluto, compreso Pierluigi Bersani. Cosa ne pensa della frase “chi tocca Hera muore”?
Penso che sia un’espressione abbastanza convincente di questa logica consociativa. Hera è una grande azienda con manager di qualità ma ci vuole un riequilibrio rispetto al potere esercitato da Hera sul territorio e la funzione di programmazione e di controllo che non può che essere in mano al pubblico.
In questi giorni il Pd si è un po’ barcamenato tra dichiarazioni rituali di fiducia nei confronti dei giudici e un senso di fastidio verso l’azione giudiziaria che è anche uscito allo scoperto. Cosa ne pensa?
Le spese della politica sono un tema nazionale che ha avuto un effetto anche nella nostra regione, sicuramente meno eclatante. Ho qualche dubbio che la magistratura abbia avuto una funzione perché il suo intento era conosciuto da tempo. Non c’è stato nessun complotto.
Crede di poter vincere?
È una partita giocabile se si muovono pezzi di società civile importante. Chi è andato a votare Renzi alle primarie, ma anche gruppi come i pendolari, o chi ha problemi con la sanità pubblica che percepiscano che il cambiamento delle politiche regionali è necessario.
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