La Corte costituzionale ha bocciato la legge della Sicilia sulla proroga delle concessioni balneari. La norma, approvata dalla giunta Schifani nella legge regionale di stabilità 2023-2025, era un tentativo di evitare le gare fino al 2033. In sostanza, ai balneari era stata data la possibilità di presentare domanda per il rinnovo dei titoli attraverso una procedura telematica, spacciata per evidenza pubblica.

Un modo per eludere la direttiva europea Bolkestein, che impone la messa a gara delle concessioni, appigliandosi peraltro alla scadenza del 31 dicembre 2033 che era stata già annullata dal Consiglio di Stato e abrogata dal governo Draghi. Troppo persino per il governo Meloni, che aveva impugnato la norma siciliana rimproverando non solo di avere invaso la competenza legislativa statale, ma anche di non avere rispettato la Bolkestein.

Ieri la Consulta ha dato ragione a Palazzo Chigi, sottolineando che la norma siciliana consentiva l’applicazione delle proroghe automatiche sulle concessioni balneari, più volte giudicate illegittime dalla Corte di giustizia europea e disapplicate dai tribunali amministrativi. Nel merito, la Corte costituzionale non ha bocciato direttamente la proroga al 2033, bensì ha dichiarato illegittimo il rinvio dei termini per presentare domanda di proroga, che la Sicilia aveva spostato al 30 aprile 2023. Ma poco cambia: per i giudici costituzionali, anche la possibilità di presentare domanda finiva per «incidere sul regime di durata dei rapporti in corso, perpetuandone il mantenimento» e quindi rafforzando, «in contrasto con i principi del diritto Ue sulla concorrenza, la barriera in entrata per nuovi operatori economici potenzialmente interessati all’utilizzazione, a fini imprenditoriali, delle aree del demanio marittimo».

Già nel 2022 la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità di una norma siciliana sul demanio marittimo. In quel caso si trattava di una legge che permetteva di assegnare spiagge libere ai privati anche alle amministrazioni prive di un piano di utilizzo del demanio marittimo. In generale, la materia è di esclusiva competenza statale e pertanto la Corte costituzionale ha sempre bocciato le norme regionali che hanno tentato di evitare le gare o regolamentarle: prima della Sicilia è accaduto a Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Liguria e Campania. In tutti i casi si trattava di tentativi di favorire gli attuali concessionari in mancanza di una norma nazionale, che continua tuttora a mancare.

Significativo è che il governo Meloni, nell’impugnare la norma di una giunta di centrodestra, abbia invocato il rispetto della direttiva Bolkestein che le attuali forze di maggioranza hanno sempre contestato. La Corte costituzionale ha ribadito per l’ennesima volta che le gare sulle concessioni balneari sono inevitabili e anche in Sicilia, come in tutto il resto delle regioni, si dovranno indire i bandi per riassegnare i titoli che la legge sulla concorrenza del governo Draghi ha dichiarato scaduti il 31 dicembre 2023.