Il governo Meloni paga la cambiale ai balneari e va allo scontro con la Commissione Europea. Consapevole di non potere più commettere errori politici come quello sui benzinai, incolpati degli aumenti dei carburanti provocati in realtà dalla decisione del governo di non rinnovare gli sconti sulle accise, Meloni & Co. hanno assicurato a uno dei «poteri forti» della loro base sociale – i concessionari degli arenili – un anno di proroga delle gare rispetto ai termini stabiliti dal Ddl Concorrenza e pretesi dalla Commissione Europea per garantire la «concorrenza», sacro principio costituente dell’Europa neoliberale. La norma è contenuta nel Milleproroghe approvato ieri dalle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato e atteso in Aula il 14 febbraio.

LA DECISIONE ha destato subito una nuova reazione da parte di una fonte anonima che ha fatto sentire la sua voce dai palazzi di Bruxelles, via agenzia Ansa. «Il diritto europeo richiede che le norme nazionali» sui servizi «assicurino la parità di trattamento degli operatori, promuovano l’innovazione e la concorrenza leale» e «proteggano dal rischio di monopolio delle risorse pubbliche»ha detto la voce del «Ce lo chiede l’Europa». Contro l’Italia, ha ricordato, c’è già una procedura d’infrazione a causa del mancato rispetto della direttiva Bolkestein e ulteriori rinvii non migliorano la situazione.

DIFESA CORPORATIVA di una categoria contro le liberalizzazioni. Un classico conflitto da capitalismo liberista. A questo schema si aggiungono riferimenti al protezionismo, al vittimismo e citazioni dal marketing territoriale e dalla merceologia elevata a prerogativa dello spirito. Le spiagge, o meglio il «modello di intrattenimento» che rappresentano, farebbero parte di una «tipicità» del «made in Italy», il logo a cui oggi è dedicato un ministero. In questa economia dei simboli si mescolano riferimenti a potenziali rischi di acquisizioni da parte di «multinazionali» del settore e alla protezione delle «eccellenze delle nazioni economicamente più fragili» ha sostenuto Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia).

LE DESTRE hanno affinato gli strumenti legali nella cervellotica tenzone con Bruxelles a proposito dell’invisa, e antica, direttiva Bolkestein. A detta dei vari custodi dei monopoli sul bagnasciuga, Bruxelles vorrebbe liberalizzare i «servizi», mentre le spiagge sarebbero «beni». In questo caso, ha sostenuto per esempio Gian Marco Centinaio (Lega), «le concessioni sono fuori dalla direttiva Bolkestein». È la tesi sostenuta da Assobalneari, una delle associazioni del settore: «Noi siamo concessionari di un bene e non di un servizio, e la risorsa non è limitata come dimostreremo con dati certi alla mano, e rientriamo perciò nei casi di inapplicabilità della Direttiva».

UN ALTRO MOTIVO di confusione è l’eventuale collegamento tra la liberalizzazione delle spiagge e il destino del Sacro Graal italiano, il «Piano nazionale di Ripresa e Resilienza» (Pnrr). A chi ha sostenuto che, senza gare per le spiagge, sarebbe crollato il mondo intero costruito sul Pnrr, le destre hanno risposto che il legame non esiste. La tesi ha preso vigore dopo che un’altra voce è sfuggita dagli antri dei palazzi Ue. L’indiscrezione risale al 23 gennaio scorso. Da Bruxelles sarebbe arrivata la precisazione: le concessioni non fanno parte formalmente degli obiettivi del Pnrr. La politica in Italia dipende dalle voci. Quelle contro e quelle per. È tutto un bisbigliare.

RISPETTO AL GOVERNO DRAGHI che ha approvato tra mille capriole il Ddl concorrenza, vacillando per le spallate date dalla Lega a difesa dei balneari, stavolta è un intero governo schierato quasi al completo. Qualche incertezza sembrava essere arrivata dal ministro agli affari europei Raffaele Fitto. La vicenda però non è chiusa e potrebbe riservare altre sorprese. In cento e più giorni il governo ha dimostrato un’interessante capacità di fare pasticci. Lo scontro con l’Ue è aperto, i tavoli sono tanti. Dal Pnrr agli aiuti di stato, alle case green o le dispute con Macron. Ma con i balneari non si scherza.