Ballata country d’amore e passione
Al cinema Alabama Monroe di Felix Van Groeningen, melodramma familiare con un tocco di follia e molta musica
Al cinema Alabama Monroe di Felix Van Groeningen, melodramma familiare con un tocco di follia e molta musica
Nelle intenzioni dei produttori doveva essere una specie di risposta a La guerra è dichiarata di Valérie Donzelli. Non in termini filmici, beninteso, ma in quanto atteggiamento, più o meno condiviso, nei confronti del melodramma familiare riveduto e corretto. Se nel film della Donzelli pubblico e privato s’intrecciano lungo traiettorie che da Jacques Demy conducono a Olivier Assayas, nel film di Felix Van Groenigen, cineasta festivaliero per eccellenza, simbolo stesso dell’autore di rappresentanza nazionale all’estero, ci si ritrova dalle parti di un racconto più convenzionale che tenta di giocare la carta della novità a partire da elementi decorativi. Messa così, il suo film sembrerebbe essere un disastro. Invece, se si è disposti a un minimo di indulgenza, e ci si abbandona al piacere della lacrima galeotta, il film di Van Groenigen dispensa qualche scossa di interesse solleticando arterie neuronali.
Didier/Monroe (Johan Heldenbergh) è un amante della musica tradizionale statunitense. Facile dire «country». I cultori la chiamano bluegrass. Mandolini, banjo, chitarre resofoniche (dobro…), rullanti (snare) e autoharp. Roba che si utilizza soprattutto nella regione degli Appalachi, insomma, come ben sanno gli esperti in materia. Roba che poco ha a che vedere con la vulgata country radio a stelle e strisce fondamentaliste. Chiedete per conferma a quelli del Buscadero.
Il titolo originale del film, The Broken Circle Breakdown, tanto per non dare adito ad alcun dubbio, cita espressamente Will the Circle be Unbroken dei The Nitty Gritty Dirt Band, capolavoro bluegrass che, nonostante i tentativi di pionieri del calibro dei Byrds e dei Flying Burrito Bros, ha sancito la prima vera collaborazione fra musicisti rock e country reciprocamente soddisfacente. Insomma senza le solite accuse di non rispettare la musica o di non capirla. Tanto è vero che nel disco figura Mother Maybelle Carter, suocera di Johnny Cash, e nomi enormi come Roy Acuff. Elise/Alabama (Veerle Baetens) è una tatuatrice. Tutto il contrario di lui. Lui è tranquillo, calmo, ascolta. Lei esuberante, con la solita corrente di follia sotterranea che la rende affascinante come un fulmine imbrigliato. Da un momento all’altro potrebbe esplodere e illuminare tutto a giorno.
L’amore, si sa, attrae gli opposti, e per un po’ tutto sembra funzionare come se la loro storia fosse stata scritta nell’involucro di un Bacio Perugina. Ovviamente il destino cinico e baro s’accanisce con maggior perfidia e diletto sugli innocenti amanti colpendoli in quanto hanno di più caro.
Rivelare di più sarebbe un atto di crudeltà nei confronti della commozione che a questo punto della vicenda coglie anche i cinici più disincantati. Van Groenigen, però, non pigia il piede sull’acceleratore mélo. Si sforza di tenere la vicenda all’interno di un ritratto di donna anticonvenzionale tentando di non schiacciarne la figura e le relative complessità sotto il peso delle inevitabili concessioni che un finale prevedibile ma non per questo meno coinvolgente sembrerebbe richiedere.
Ed è proprio questa indecisione nell’abbracciare il delirio mélo a fare del film di Van Groeningen un oggetto curioso. Da un lato il regista conduce situazioni e corpi all’incandescenza, dall’altro sceglie di gestire la materia sentimentale con un approccio ragionato, lievemente distaccato. Motivo per cui la carica melodrammatica del film sembra trattenuta, come osservata dall’altra riva del mare in tempesta, al riparo fra gli alberi, col rumore e furore ridotto a un brusio indistinto. Una scelta, beninteso, estetica e politica che purtroppo non risulta mai del tutto convincente anche se il film di Van Groeningen riesce comunque a conservare una dignità formale che gli permette di tenersi a galla senza dovere scendere a troppi compromessi.
Impossibile, in chiusura, non citare il finale, che non riveliamo, va da sé. Un momento di follia sui generis dove la commozione fatalmente si scontra con sentimenti diametralmente opposti. Come una impossibile chiusura del cerchio che probabilmente avrebbe soddisfatto pure quei rudi montanari dei The Nitty Gritty Dirt Band.
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