B. Baffi, barbe, farsi crescere o tagliare. Diventare tutti pelo, viso, braccia, gambe, dei lupi mannari mascherati per carnevale, in vero dei peluche pacifici e ammortizzati da una morbida peluria in ogni caduta. Oppure lisci lisci come gusci d’uovo, glabri ovunque dalle sopracciglia agli alluci spennati, vaganti essenze alla Incontri ravvicinati del terzo tipo (Steven Spielberg, 1977), spesso viscidi al tatto, occhioni sgranati sul mondo e cuore compassionato visivamente ardente sotto la pelle diafana.

Dopo – dunque pelosi o scivolosi, attutiti o armonici con l’ambiente – ballare frenetici posseduti da Menadi, danzare acrobatici come Baby e Johnny in Dirty Dancing (Emile Ardolino, 1987), accogliere in sé gli spiriti di Ginger e Fred e volteggiare fino a perdere il fiato, perdere il senno, perdere la testa.

Baciarsi le mani con devozione senza tralasciare un centimetro di pelle, ogni falange, i polpastrelli, la linea della vita, il dorso venoso, come non fossero nostri. Sentirsi, dopo, più fiduciosi in se stessi. A volte fa bene. Spesse volte. Queste volte.