Cultura

Balestrini, l’acustica ribelle delle parole

Balestrini, l’acustica ribelle delle paroleNanni Balestrini, «Briganti», 1967

Mostre Presso la Galleria Michela Rizzo, una selezione di oltre 50 opere dell’artista risalenti agli anni Sessanta, visitabile fino al 28 settembre

Pubblicato circa un anno faEdizione del 4 agosto 2023

Nanni Balestrini è stato tra gli intellettuali più rilevanti e attivi nei processi di dissidenza estetica e ideologica dello scorso secolo. Nato a Milano nel 1935, è cresciuto nella redazione della rivista Il Verri ed è stato parte del Gruppo 63. Nel corso del tempo ha sempre cercato di dare un valore «altro» alle parole, che dovevano uscire dallo spazio della lettura per trasformarsi in oggetti visuali. Ma non si tratta solo di poesia visiva. L’attivismo e l’impegno politico erano sempre presenti, perché era la funzione intraverbale delle parole e la decostruzione dei suoi significati a interessarlo nei romanzi, nelle fiction radiofoniche e nelle riviste da lui fondate, come Compagni e Alfabeta.

NEL CICLO POETICO Signorina Richmond, composizione caratterizzata da un sapiente equilibrio poetico, si serve di un tono ironico e satirico per commentare la scena politica italiana degli anni ’70. È tra i primi a utilizzare un computer IBM per generare poesie, assemblando testi di diversa provenienza. Con l’aiuto dell’ingegnere Alberto Nobis aveva creato un programma che mescolava testi scritti da diversi autori. E tra le centinaia di versi illeggibili prodotti dall’elaboratore elettronico aveva selezionato i più interessanti per surrealismo e risonanze poetiche. Tape Mark 1, questo è il titolo della poesia, fu pubblicata per la prima volta nell’Almanacco Letterario Bompiani 1962 e nel 2017 venne trasformata in opera d’arte per la retrospettiva a lui dedicata allo Zkm Center for Art and Media di Karlsruhe.

L’OPERA E IL LIBRO sono esposti nella mostra Nanni Balestrini. Altre e infinite voci alla Galleria Michela Rizzo di Venezia, che raccoglie una selezione di oltre 50 opere dell’artista risalenti agli anni Sessanta (fino al 28 settembre). La mostra indaga il decennio d’esordio dell’artista/poeta, raccoglie collage e cut-up realizzati in quegli anni e analizza un aspetto non abbastanza esplorato della sua produzione artistica, quella legata alla collaborazione con Luigi Nono. «Si è sempre sottolineato il carattere visuale/tipografico della scrittura nelle opere di Balestrini. Con questa mostra abbiamo voluto riportare in primo piano l’indagine acustica e visiva della parola balestriniana o, meglio, indagare la sua indiscernibilità ’fonottica’, come l’aveva definita Paolo Fabbri», ha sottolineato il curatore Marco Scotini.

NONO E BALESTRINI si incontrarono a Palermo alle settimane internazionali della Nuova musica nel 1962, e da lì iniziò una collaborazione che durerà per tutto il decennio. Esemplare, a questo proposito, sarà la composizione radiofonica Contrappunto dialettico alla mente, che Luigi Nono presentò a Palermo nel 1968 per il Prix Italia. L’opera è un dichiarato atto d’accusa contro l’operato del governo statunitense, in cui venivano letti testi scritti dalla rivoluzionaria cubana Celia Sánchez su Malcolm X, da Nanni Balestrini, e dalle Enraged Women del Progressive Labor Party di Harlem. Composizione che sarà eseguita presso la Fondazione Archivio Luigi Nono di Venezia il 22 settembre, a cura del maestro Alvise Vidolin.
Non sempre le collaborazioni erano così dirette, a volte procedevano separatamente su temi di carattere sociale. Nel dittico Non consumiamo Marx per voci e nastro magnetico, Nono utilizzava una poesia di Cesare Pavese, le registrazioni delle manifestazioni contro la Biennale veneziana del ’68 e i testi di una ventina di scritte murali del Maggio parigino.

PARALLELAMENTE, in un diverso contesto espositivo, Balestrini dipingeva sulle pareti della Galleria La Tartaruga di Roma le rivendicazioni degli studenti francesi scritte sui muri alla Sorbona, per la sua personale intitolata I muri della Sorbona.
Risonanze e parallelismi li troviamo anche tra il libro balestriniano Vogliamo tutto e La Fabbrica illuminata di Nono. La composizione raccoglieva le registrazioni delle parole degli operai e i suoni delle acciaierie Italsider di Cornigliano, editati con interventi di Giuliano Scabia, improvvisazioni dal vivo del mezzosoprano Carla Henius, e suoni di sintesi elaborati nello studio di fonologia della Rai di Milano. L’alienazione dalla comunicazione di massa veniva reinterpreta da entrambi attraverso la ricombinazione e il montaggio di testi, immagini e/o suoni provenienti da fonti diverse.
Nanni Balestrini. Altre e infinite voci è la prima personale italiana dopo la scomparsa dell’artista nel 2019. Visitando la mostra si avverte un senso di perdita nei confronti di una stagione in cui gli intellettuali erano realmente coinvolti nel tessuto sociale, come fossero sismografici in grado di registrare cambiamenti e rivendicazioni. Basti pensare che le opere di Nono erano spesso censurate e che Balestrini ha vissuto in esilio a Parigi per evitare il carcere in Italia. Un segno dei tempi, in cui la sperimentazione era portatrice di enunciati e rivendicazioni collettive.

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