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Bahrain, giovani contro il re stanchi dell’opposizione moderata

Bahrain, giovani contro il re stanchi dell’opposizione moderata

Golfo Nei centri sciiti più poveri cova la rabbia della nuova generazione bahranita contro il regime e lo scetticismo nei confronti della linea cauta dei leader dell'opposizione tradizionale

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 2 ottobre 2018

‎«Le vedi quelle auto della polizia? Restano ferme lì per gran parte della notte e del ‎giorno, all’ingresso di Muhazza, pronte ad intervenire. Mandarle via è difficile, la ‎reazione (delle forze di sicurezza) è sempre più dura‎». Hassan, ha 21 anni. Siamo ‎obbligati a nascondere la sua vera identità per evitargli l’arresto. Parlare ai ‎giornalisti stranieri è un crimine nel Bahrain di re Hamad bin Isa al Khalifa e i ‎giovani sono presi particolarmente di mira da un regime che fa ciò che vuole, ‎indisturbato, grazie anche all’appoggio che riceve dalle altre monarchie del Golfo e ‎da importanti paesi occidentali, come Usa e Gran Bratagna. ‎«Se sei un giovane ‎sciita la polizia ti considera automaticamente un pericolo potenziale – aggiunge ‎Hassan – sei guardato a vista quando vai in città o incontri delle persone. La tua ‎posta elettronica e i tuoi post sui social sono seguiti con attenzione. Non sono un ‎attivista politico ma lo diventerò se l’oppressione non finirà. Non si può restare ‎immobili senza fare nulla».‎

‎ Hassan è uno dei tanti giovani di Muhazza, Al Eker, Nuwaidrat, Maameer e ‎tanti altri villaggi e località che hanno legato il loro nome a quello di Sitra, la ‎‎”regina della rivoluzione” del 2011 repressa nel sangue dalla monachia con l’aiuto ‎degli Emirati e dell’Arabia saudita. L’opposizione più concreta alla monarchia ‎assoluta oggi è proprio questi centri abitati. Squallide case popolari, abitate da ‎famiglie a basso reddito, che stridono con l’immagine più comune del Bahrain ‎all’estero fatta di larghe superstrade e grattacieli di vetro. Un’opposizione tenuta ‎insieme più dall’avversione al regime che da un programma politico vero e ‎proprio, che coniuga rivendicazioni politiche ed economiche e va oltre la battaglia ‎per le riforme democratiche portata avanti per oltre venti anni dall’opposizione ‎tradizionale. «Rispetto quelle persone e i prigionieri politici», ci dice Muhammad, ‎‎20 anni, studente universitario, residente a Sitra. ‎«Tuttavia», aggiunge, ‎«hanno ‎fatto il loro tempo, il loro progetto è fallito. Hanno cercato per anni di negoziare ‎con il re e non hanno ottenuto nulla. Dobbiamo seguire nuove strade che ci ‎portino alla democrazia ma anche lavoro e uguaglianza economica con i sunniti ‎‎(la minoranza della popolazione che sostiene il re, ndr)».‎

‎ A quali ‎«nuove strade‎» si riferisca il giovane non è ben chiaro. Parlava della ‎lotta armata? Governo e servizi di sicurezza la scorsa settimana hanno annunciato ‎mandati di cattura per 169 persone accusate di far parte di un «gruppo armato ‎simile a Hezbollah» in Libano e finanziata e armata dall’Iran. Con ogni ‎probabilità ne hanno ingigantito la consistenza allo scopo di colpire ‎l’opposizione. E non è peraltro facile valutare tra i giovani la forza degli haqisti, i ‎sostenitori del religioso estremista Hassan Mushaima, il leader del movimento ‎Haq, che chiede la fine della monarchia e l’instaurazione della repubblica.

‎ I giovani sono arrabbiati e non seguono più i leader moderati dell’opposizione. ‎Le loro richieste sono radicali rispetto all’opposizione tradizionale. Durante le ‎manifestazioni lanciano molotov, in alcuni casi anche piccoli ordigni artigianali. I ‎loro slogan sono diretti, inequivocabili. ‎«Alcuni ci dicono di non esagerare, di ‎evitare la violenza. Non hanno capito che è il regime che ci spinge verso di essa». I ‎giovani bahraniti vogliono anche la fine del sistema economico che produce un ‎tasso di disoccupazione del 15%. ‎«Re Hamad è un criminale‎», dice Hassan ‎«è ‎responsabile dell’uccisione di tante persone: lui e la sua famiglia controllano ‎l’intero paese e la sua ricchezza‎».‎

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