La tregua (armata) tra Carlo Calenda e Matteo Renzi consiste in una bozza di percorso congressuale che, in linea puramente teorica, dovrebbe portare alla costituzione del sospirato partito unico il prossimo autunno. Il meccanismo ricorda un po’ certe pesantezze del vecchio Pcus. Per prima cosa ci sarà la formazione di due comitati che dovranno redigere le regole e la carta dei valori entro il 31 maggio. Due settimane dopo le assemblee di Azione e Italia Viva saranno chiamate a «confermare o respingere in blocco» quanto partorito in precedenza.

Allo stesso tempo i due partiti dovranno deliberare il proprio scioglimento «entro la fine del 2024» con tanto di versamento al partito unico del 70% del due per mille incassato dal secondo semestre del 2023 in poi (questo dovrebbe sanare la questione dei 200mila euro di plafond chiesti da Calenda.

«Se aveva bisogno di soldi, poteva dirlo», il commento sarcastico arrivato da Iv). Dalla seconda metà di giugno si partirà con il tesseramento. In autunno il congresso prenderà vita a partire dalle sezioni locali per poi ascendere fino all’elezione del segretario nazionale, con il termine ultimo fissato al 20 ottobre. In quella sede si eleggeranno anche i delegati territoriali. Infine, il 28 e il 29 ottobre, si riunirà l’assemblea nazionale.
CHE TUTTO CIÒ POSSA filare liscio senza intoppi sembra una pia illusione, viste e considerate le ultime 48 ore di schermaglie tra quelli di Azione e quelli di Iv. Si litiga più o meno su tutto, a partire ovviamente dal nome del futuro partito unico (che i renziani chiamano «unitario»). I calendiani propongono «Italia in Azione», ma gli altri rispondono che così, più che qualcosa di nuovo, sembra una confluenza in piena regola. I seguaci dell’ex premier, tra le altre cose, rivendicano anche di avere in mano più tessere dei partner, da qui le preoccupazioni calendiane per un’eventuale candidatura avversa.

Intanto, dal trespolo della sua newsletter, Renzi ha annunciato che il prossimo 10 giugno, a Napoli, Italia Viva approverà la costituente del partito unico. Acqua in bocca sul resto: «Non faccio polemiche, non rispondo alle polemiche, non capisco le altrui polemiche». A Calenda saranno fischiate le orecchie visto il solito esorbitante numero di tweet degli ultimi due giorni (compreso uno apparentemente autocritico con il quale, all’ora di pranzo, ha chiesto di abbassare i toni in vista dell’incontro del pomeriggio con gli amici di Italia viva).
L’INCONTRO È STATO, come da previsioni, interlocutorio e all’insegna delle buone maniere: bene il percorso, bene la confluenza, bene tutto. Ma basta andare a guardare le dichiarazioni dei vari papaveri dei due partiti per capire che «bene» è un modo di dire. Calenda avrà pur smentito i virgolettati sui voti di Iv a La Russa come presidente del Senato, ma il segreto è di quelli di Pulcinella.

Così come resta agli atti il malumore del pariolino per la conquista della direzione del Riformista da parte di Renzi (che ha scelto il suo direttore responsabile: l’ex deputato forzista Andrea Ruggieri). E allora Roberto Giachetti, la cui verve da energumeno è leggendaria, non ci ha messo niente a impallinare Calenda accusandolo di cambiare idea ogni dieci minuti. Debole la risposta di Matteo Richetti: «Basta giochetti, Iv si sciolga». Del tutto inutile la comunicazione di Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna che giurano fedeltà ad Azione e smentiscono di voler tornare in Forza Italia. Il resto è tutto nella divertita malinconia con cui, martedì sera su La7, Pierluigi Bersani ha cercato di avvertire Calenda su quanto sia pericoloso fare un partito insieme a Renzi.