I Santi Mostri, edito da Bollati Boringhieri (pp. 204, euro 17), è l’ultimo romanzo di Ade Zeno. Ambientato nella prima metà del novecento racconta la storia di una sopravvivenza impossibile, quella di un gruppo di persone affette da malformazioni varie nella Germania che diventa nazista.

Il romanzo si apre con il tentativo fallito di Hitler di prendere il potere: il putsch di Monaco. A quel tempo uno dei protagonisti della storia, il deus ex machina della vicenda, Gebke, era un ragazzino apparentemente normale se non per i guanti neri che nascondevano dodici dita: «due pollici sulla sinistra e un mignolo in più sulla destra». L’incontro che innesca l’intreccio è proprio quello fra Gebke e Jörg chiamato «l’uomo scimmia»: Gebke è l’unico che preferisce la compagnia del ragazzo costretto dalla sua famiglia a non uscire di casa per via del corpo interamente ricoperto di peli.

LA FUGA DEI DUE AMICI è anche l’occasione per il loro primo spettacolo che consiste in un solo numero: Jörg che recita, senza conoscerne il significato, i versi in italiano di un poeta di nome Lazzaro Ghirlandai. L’idea riscuote successo e Gebke, ormai un impresario, decide di organizzare una compagnia, quella dei Santi Mostri appunto. I primi ad aggiungersi sono un uomo con tre gambe, un altro con le ginocchia al contrario e una donna con due bocche, di cui una creata con un coltello dal marito geloso. Sono Benno, Balthasar e Hilla. Gebke li compra, insieme a un camion enorme che battezza con il nome di Geraldine.

Inizia così un’avventura itinerante in tutto il paese, mentre il nazismo, ormai saldamente al potere, attua lo sterminio di tutti coloro che hanno una qualche forma di disabilità. La compagnia si salva, almeno fino a un certo punto, perché: «tu vedi solo quattro mostri. Ma il resto della Germania osanna un arcobaleno di artisti».

LA SVOLTA NELLA STORIA arriva con l’arrivo nella compagnia di Andris: trovato abbandonato in mezzo alla strada quando era in fasce da un agente di polizia e poi lasciato in un orfanotrofio, Polifemo viene subito accolto nel gruppo e Jörg decide di condividere con lui il numero della lettura delle poesie, frastornato dal fatto che il ragazzo capisca l’italiano all’impronta. Andris è dotato, infatti, oltre che di un solo enorme occhio, di capacità di apprendimento fuori dal comune, che ovviamente non gli serviranno a salvargli la vita.

C’è un momento, però, in cui sono tutti insieme nella cittadina tedesca di Stade dove hanno deciso di fermarsi perché non avrebbe avuto senso continuare a viaggiare in un paese distrutto dagli attacchi aerei, in cui vige la perfezione: Andris e Leila, la giovane funambola cieca, sono innamorati, tutta la compagnia è dedita a migliorare lo spettacolo e la città ridotta alla sola popolazione di vecchi, donne e bambini ha accolto i Santi Mostri e gode ogni sera della loro arte. È in quel momento che il fantasma del personaggio di Brandt, il medico fidato di Hitler, che dall’inizio del Reich ha il compito di sterminare gli individui considerati inutili per la razza ariana, interviene nella loro vita.

LA STORIA che Ade Zeno racconta è meravigliosa, nel senso letterale del termine perché afferisce a quel genere letterario, ma anche perché esprime i sentimenti che rendono, seppur così di rado, fantastica l’umanità: l’amicizia, per esempio fra Gebke e Jörg, la solidarietà invincibile che vige tra tutti i membri della compagnia. Si tratta di sentimenti che Zeno associa ai reietti di una società infernale, come è stata quella nazista, riuscendo nell’intento affatto scontato di raccontare una bella storia.