Visioni

Avanguardia e psicoanalisi, i cinquant’anni delle Moline

Avanguardia e psicoanalisi, i cinquant’anni delle MolineScena da «Freud e il caso di Dora» – foto di Marco Caselli Nirman

A teatro L'anniversario del teatro dove avevano iniziato i loro spettacolo Marinella Manicardi e Luigi Gozzi, riporta in scena "Freud e il caso di Dora".

Pubblicato più di un anno faEdizione del 29 aprile 2023

A chi sarebbe mai venuto in mente di farci un teatro in quello stanzone al piano terra del cinquecentesco palazzo Bentivoglio, pur se in quegli anni pieni di fracasso, parliamo della metà del decennio settanta, non ci si poneva tanto il problema. Possiamo scegliere un qualsiasi spazio vuoto e dire che è un palcoscenico, insegnavano i maestri. Qualcuno li chiamava cantine, ma era una definizione pigra e posticcia. Quello che oggi può stupire è che sia ancora lì, il teatro delle Moline, quando tutto intorno è cambiato e non si parla solo della libreria che nella piccola strada dove si affaccia l’ingresso ha lasciato il posto a una distesa di posti dove mangiare.

A tirare a strascico la rete della memoria tornano in mente spettacoli un po’ notturni, che non disdegnavano l’impianto avanguardista degli inizi ma avevano poi preso una diversa piega drammaturgica

DUNQUE COMPIE cinquant’anni il caro teatrino dove avevano iniziato a fare i loro spettacoli Marinella Manicardi e Luigi Gozzi. Lei attrice; lui regista e drammaturgo, personalità asprigna, allievo di Luciano Anceschi all’università, partecipe ventenne alle esperienze del Gruppo 63 prima di dedicarsi al teatro. Non era facile accostarglisi anche per chi lo faceva con attenzione e rispetto. La compagnia si chiamava allora Teatro nuova edizione. A tirare a strascico la rete della memoria tornano in mente spettacoli un po’ notturni, che non disdegnavano l’impianto avanguardista degli inizi ma avevano poi preso una diversa piega drammaturgica, l’interesse per temi anomali rispetto alla prassi consolidata. La psicoanalisi, la devianza, il mesmerismo… Gozzi è scomparso nel 2008. A festeggiare l’anniversario del teatro è rimasta Manicardi e lo fa come può e deve farlo il teatro, con il teatro. Cioè rimettendo in scena uno degli spettacoli simbolo di quelle lontane Moline, Freud e il caso di Dora, ovvero il primo (nel 1979) dedicato ai casi freudiani – dopo verrà anche Anna O. C’è evidentemente una teatralità intrinseca di queste vicende, dove il divano dello psicoanalista diventa in qualche modo un sostitutivo della scena teatrale. Ma anche una palese contraddizione, laddove la «spiegazione» a cui tende la vulgata psicoanalitica va dalla parte opposta rispetto a un teatro che di «interpretazioni» non sa che farsene.

E VIENE inevitabilmente in mente un’altra lunga seduta psicoanalitica che pure ha trovato la via della scena, quella di Goliarda Sapienza nel Filo del mezzogiorno. Manicardi, che ne era l’interprete, ha ripreso la regia di Gozzi com’era allora. Con tutto quello che si ricorda. Le musiche di Gabriele Partisani. La parete che chiude lo spazio scenico e nel buio diventa lo schermo mentale dove si proiettano frammenti di immagini dissociatissime. E due nuovi efficaci interpreti, Stefano Moretti e Alma Poli. Nello scontro che si apre tra loro, è subito lei a prendere il sopravvento, sempre in movimento, imprendibile mentre si palesa da finestre e balconi, cioè difficile da fissare in un «caso». Lui, l’inventore della psicoanalisi, cerca di andarle dietro dall’antro in cui sta chiuso ma la sua sicurezza ormai va in frantumi e non basta la sua scienza a rimettere insieme i pezzi.

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